Una trappola da evitare

melanzana e iguana

Chi vive solo deve necessariamente provvedere a cucinarsi da sé.
Qualche fortunato può talvolta giovarsi delle pietanze cucinate da una figura femminile quasi sacrale, che può essere una zia, una nonna, la medesima madre. Raramente un’amica.
Solitamente chi abita solingo nella propria casa non può comunque sfuggire alla realtà dei fornelli.
In generale si profilano due tendenze: risolvere il problema affidandosi all’esterno(pizzeria, ristorante, trattoria, cibi cotti e pre-cotti, catalogati da me personalmente tra la spazzatura di ciò che può essere definito cibo) o provvedere con le proprie forze.
Il fai da te, a sua volta, si declina in altri due profili: vivere di surgelati, congelati, poltiglie da usare solo scaldandole, fettina di carne bianca o rossa stirata sulla bistecchiera, insalate asfittiche senza anima… oppure organizzarsi, acquistando i prodotti e cucinando per circa una settimana.
Certamente quest’ultima soluzione è la più faticosa.
Pelare carote e patate, nettare lenticchie, mondare verdure e ortaggi… implica un dispendio di tempo notevole, se è vero che la tipica lamentela dei solinghi è <<non ho tempo per cucinare>>.
Pertanto, il più delle volte si finisce per ondeggiare tra l’esterno e il confezionato, rinunciando al piacere della spesa e della cucina dietetica salutare.
Ebbene il <<non ho tempo per cucinare>> è sempre veritiero?
Forse è solo una motivazione addotta per coprire un vuoto ancora più incolmabile.
La tristezza del mangiare da soli.fiore di melanzana
Personalmente non vivo questa dimensione, però mi è capitato per qualche giorno di dover provvedere da me alla cucina.
Anch’io, ad essere sincero, sono caduto nella trappola.
Non sono uscito a comprare provviste, ma ho sfruttato le cibarie presenti nella dispensa e nel frigo. Mi sono accontentato di un uovo, di pane raffermo e di frutta.
È comunque questa una trappola da evitare; perciò chi vive solo o, in prospettiva, potrebbe vivere da solo, dovrebbe educarsi quotidianamente a rispettarsi anche sotto il profilo dell’alimentazione.
Pelare tuberi, lavare a più non posso ortaggi e verdure, cuocere manicaretti semplici, ma gustosi, è una forma di amore per se stessi e per la propria vita.
Oltretutto si soffoca quel senso di spossatezza spirituale che ti incolla sulla poltrona e non ti permette di stare davanti ai fornelli.
Un colpo a quella solitudine gravosa che condurrebbe necessariamente ad una visione cupa e pessimistica.
Sicuramente fare comunione insieme agli altri del cibo, per cui si è faticato, fa avvertire nel cuore un senso di utilità e di gioia oserei dire incommensurabile, però è pacifico che nei momenti di solitudine, a maggior ragione, dobbiamo del rispetto a noi stessi.
Una specie di auto-gratificazione.
 

21 pensieri su “Una trappola da evitare

  1. Verissimo quanto dici. Ho molti amici single e la tendenza è proprio quella di nutrirsi in modo errato ma soprattutto di alimentare il senso di solitudine che comunque li accompagna. Mangiare soli può diventare fonte di tristezza o malinconia.
    Sai cosa mi viene in mente? i vedovi… anche loro tendono inizialmente a fare così, poi come d’incanto tornano a vivere anche la tavola: si apparecchiano per benino, cucinano e mangiano con il loro bicchiere di vino. Saggezza di altri tempi? Forse si però ai miei amici dico di fare altrettanto. 🙂

    Black

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  2. Si dice che chi ami la cucina,il cibo sappia amare se stesso e gli altri,ma cucinare solo per se stessi forse è un’ altra faccenda.Sicuramente è più gratificante cucinare per gli altri e credo davvero che mettersi davanti ai fornelli sia una forma di amore per se stessi,un modo di raggirare forse la solitudine.Forse è triste mangiare da soli ,ma quando non si è sereni dentro.Dipende tutto da lì?dal cuore?non saprei e non ne sono neanche sicura 🙂
    un sorriso
    daphnee

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  3. E’ un po’ come la tristezza delle camere d’albergo, da soli. Certo però che si dice che quando sei da solo non solo non ti viene voglia di cucinare – ma neanche di mangiare (al massimo ti accontenti di un panino, và). Siamo animali sociali anche in questo, e la convivilità è un bisogno esistenziale di fare qualcosa per un altro, di far qualcosa insieme.

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  4. Hai ragione. Anche a me, quando sono da sola per dei periodi, non viene neanche voglia di apparecchiare per bene la tavola, mi metto qualcosa di casuale nel piatto e via. Ma dura poco; mi rendo conto che mi faccio un torto riducendomi così… come dici tu, è una questione di ripetto per se stessi. Cosa analoga, secondo me, vale per come ci si veste; è vero che neanch’io se sto tutto il giorno in casa mi metto in ghingheri, però vestita decorosamente sì; lo sbracamento totale mi sembra di nuovo poco dignitoso verso la propria persona. Ciao 🙂

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  5. ricordo il grande Gassman, lui soffriva tantissimo di depressione, e amaramente asseriva che non c’era niente di più triste che ingozzarsi di cibo, senza gusto, col solo scopo di nutrirsi.
    Bastava guardarlo in faccia per capire quanto fosse vero, ne parlava quasi con senso di schifo, come per dire: “statene lontani” …

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  6. Ciao Mel,è il caso di dire,un blog tira l’altro,Cucino perchè cucinare è creativo e poi anche salutare,mi distende e poi se non cucinassi più perderei il ritmo delle cose semplici e quotidiane,capita a volte che non abbia voglia allora anche dei buoni spaghetti con sugo semplice una foglia di basilico spolverizzando il tutto con dell’ottima cacioricotta pugliese,credimi può anche riconciliarmi con me stessa,ho imparato col tempo a volermi bene e questo rito del desco non deve mancare,cucinare per noi stessi è non perdere mai di vista ciò che la sacralità della famiglia ci ha insegnato,la solitudine non vuol dire abbrutimento ma condizione che ti permette di fare più cose e nutrire al contempo la nostra mente con ciò che non sai,per non morire dentro bisogna nutrirsi,e con nutrire intendo tutto corpo e mente.
    Sapessi quanto è buono il minestrone che ho cucinato.
    Baci go

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  7. Mi nutro in modo abbastanza errato. La pasta al sugo impazza, seguita dalla pasta aglio e olio e da quella con i fagioli (ovviamente inscatolati… e chi ha voglia di sbucciarli?) Ultimamente comunque mangio molta più frutta e verdura, di questo penso che Luciano Onder sarebbe piuttosto contento.

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  8. Quando sono sola a casa capita di tutto: ore ai fornelli a sperimentare o veramente pane raffermo, bicchiere di latte ed è fatta.
    Però… a volte un pranzo sfogliando un giornale è meno pesante per lo stomaco di certe serate in famiglia.

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  9. La pasta al sugo a me pare salutare. In questo periodo si può anche optare per i pomodorini e qualche foglia di basilico! 🙂

    Ray, ma insomma, tu mi parli di Gassssmaaannn, e tu che dici di te?
    🙂

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  10. Solo se si cucina si può capire l’amore di chi lo fa per noi.
    La trasformazione del cibo è una magia.
    Occorre tempo e passione. I cibi se vengono cucinati con amore e caricati di energie positive risultano buoni e digeribili.
    Cucinare per me è primario ma poichè la famiglia è una cooperativa, per funzionare bene occorre l’impegno di tutti i componenti. La collaborazione nel preparare un piatto è qualcosa di particolarmente bello e gratificante.
    Ciao a te e a tutti i tuoi visitatori.

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  11. cucinare è una delle poche cose che mi rilassano, adoro mescolare, combinare i vari cibi, e soprattutto adoro condividere con gli altri.
    Concordo con chi ha scritto che attraverso il cibo passa l’amore, l’affetto.
    Che tristezza mangiare schifezze, non importa se si è soli, cucinare e mangiare bene è importante prima di tutto per se stessi.
    Mi pare però che siano di più gli uomini a trascurarsi e imbruttirsi sotto questo aspetto

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  12. Mel lo scrivo qui in fondo: in tutta onestà sono intollerante a una moltitudine di alimenti, soprattutto latticini e derivati. Posso mangiare solo poche cose, e con attenzione. Quindi far la spesa per me non è difficile 🙂 poi ogni tanto “sgarro” anch’io, una-tantum non fa mai male, anzi … mi “ritorna” nel vero senso della parola il famoso “gusto del poibito” !

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  13. Adoro cucinare, per gli altri poi, quasi un orgasmo psicologico.
    Quando cucino mi sento molto magica e preparo le pietanze come se preparassi delle pozioni magiche che devono dare effetti positivi :-))

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  14. “La tristezza del mangiare da soli”: è una grossa (e amarissima) verità. Il cibo è legato al convivio, io non riesco a scindere le due cose. Quando sono sola non riesco a dedicarmi alla cucina, non ne vedo la ragione, nei commenti si parla di rispetto per se stessi, ma la tristezza della solitudine può prevalere.

    @BlackLace: è giusto ciò che dici dei vedovi, ma a volte i due momenti avvengono nell’ordine inverso. Mio padre, rimasto vedovo, aveva cominciato a cucinare, si era comprato anche un libro di ricette. Poi deve essersi domandato: “ma perchè? ma per chi?” e ha smesso. Oggi salta i pasti, o mangia schifezze. La consapevolezza della propria solitudine può vanificare ogni sforzo.

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