La "Roma dei papi" e il gatto avvelenato

A lungo ho dibattuto in classe con gli allievi sulla necessità di adeguare la scrittura allo scopo della tipologia testuale scelta; sono chiamati in causa anche aspetti tipicamente materiali.
Srotolare un volumen non equivale a scorrere la pagina della schermata di un sito web, come partecipare agli altri il giorno delle proprie nozze non equivale a scrivere un biglietto d’amore.
Se può generare diletto la descrizione particolareggiata della Roma dei papi nel romanzo “Il piacere” di D’annunzio o la metamorfosi di Dafne nella versione di Ovidio, ciò è possibile solo perché o me ne sto piantato col culo sulla sedia della scrivania a studiare, per la lezione del giorno successivo, o collassato sulla poltrona di casa mia.
È motivo di snervante sofferenza leggere gli stessi passi sullo schermo di un pc o su una scatola di cioccolatini.
Spesso i giovani, quando espongono per iscritto cimentandosi in un testo argomentativo, credono che chi corregge sia un deficiente ignorante, perciò indugiano pure sui respiri di Machiavelli o sui peti di Guicciardini, particolari assolutamente inconsistenti ai fini della dimostrazione della tesi.
Insomma, se il nucleo fondante di una mia apologia riguarda l’illegalità dell’abbandono degli animali, può interessare che il mio gatto è stato avvelenato, per vendetta, dalla rompiscatole vicina di casa?
Ho molta pazienza e non mi arrendo, reiterando più volte le esercitazioni, ma ci sono casi in cui fa da regina la matita blu.
Sarà che seguono troppe puntate di Lucignolo?
A me pare una tendenza pericolosa, che prende piega ovunque. 
 

15 pensieri su “La "Roma dei papi" e il gatto avvelenato

  1. E fossero solo i ragazzi… io ho grandi dificoltà a rapportarmi con gli adulti, quasi nessuno riesce a reggere un ragionamento elementare per più di poche battute per di più non lo portano mai a termine cambiando repentinamente argomento.
    Colpa della televisione o cosa?

    "Mi piace"

  2. ma praticamente è quello che succede anche a noi quando ci impegniamo “tout a court” a disquisire su post di varia origine e natura !
    Ed è proprio una fortuna che tu abbia una pazienza da santo, e comunque all’ennesima occasione puoi dipingermi anche di blu, ma all’at-minchiam del lunedì, qui da te, non potrei rinunciare mai 🙂
    eh … altro che Lucignolo, questi sono “i veri brutti incontri” 😀
    con affetto
    ray

    "Mi piace"

  3. La capacità di sintesi nell’argomentazione è direttamente proporzionale alla reale conoscenza, comprensione ed elaborazione dei contenuti.
    Parlare per parlare è vizio comune, prassi che tenta di nascondere vuoti diversi.
    Male televisivo?
    E la politica dove vogliamo metterla?
    Parole, parole, parole…che nulla dicono nella maggior parte dei casi.
    In politica se si parla di topi vien sempre fuori il gatto del vicino, anche quando questo fosse il pelouche del figlio della filippina.
    E se si parla della morte di una gatta vengono fuori i topi dei cartoni animati.
    Questo è voluto, serve a depistare o a dar senso dove non c’è.
    Nella scuola il problema è altro.
    Ma prima di parlare di studenti ritengo che dovrebbe essere analizzata la verbosità vacua dei nostri consigli di classe e d’istituto ed i vacui voli delle lezioni frontali che, troppo spesso, molto dicendo nulla dicono.
    Un bacio,
    maria

    "Mi piace"

  4. E’ quella che un tempo si chiamava retorica, ossia il buon modo di argomentare. col tempo il termine ha assunto un significato peggiorativo, che all’origine non aveva. Così c’è gente che non sa argomentare, perché la retorica è uan cosa brutta sporca e cattiva oppure crede di poterne fare a meno. Non c’è niente di più retorico nella frase “non per fare retorica…”

    "Mi piace"

  5. Sento di poter quotare in toto aldebaran. Viviamo in un mondo in cui gli adulti sono i primi a non riuscire a parlare in prima persona, a non avere la capacità di analisi, critica, sintesi. Ci viene detto cosa dobbiamo mangiare, bere, come dobbiamo vestirci, cosa possiamo pensare e cosa no, non c’è da stupirsi che alla fine non si riesca ad andare oltre il preconfezionato. In un mondo così non dobbiamo stupirci dei tuoi lunghi tratteggi di blu…
    Lory

    "Mi piace"

  6. Arte è il parlare, arte è l’ascoltare, arte è lo scrivere, arte è il leggere.
    E l’arte s’impara e si applica.
    S’impara anche con l’esperienza.
    Accade che gli adulti parlino poco con i giovani. Accade che pochi siano in grado di ascoltare.
    maria

    "Mi piace"

  7. Ti racconto ciò che la mia professoressa d’italiano escogitò nel 1966(frequentavo il primo anno di ragioneria) per ottenere da noi, il massimo della sintesi. La maggioranza della classe non riusciva a terminare il tema nel tempo stabilito. L’insegnante, una mattina ci informò che in dieci minuti dovevamo essere in grado di commentare un fatto e la valutazione avrebbe fatto media.
    Non ti enumero i quattro che volarono, ma in poco tempo imparammo ad usare una prosa dal taglio giornalistico, scabro ed esenziale.
    Il risultato ottenuto: in pochi mesi fummo in grado di scrivere i nostri temi in meno di un’ora.
    La prosa è solo archittettura e non decorazione d’interni: il barocco è finito. (Hemmingway)
    Oggi mi sono dilungata.
    Un saluto
    Angela

    "Mi piace"

  8. Come dice Maria manca l’abitudine all’ascolto…la capacità di ascoltare si impara nel tempo, con grande impegno…oggi tutto è servito su piatti d’argento, senza sapere cosa sia il sacrificio e la fatica di imparare.
    E questo io lo vedo già nei piccoli…

    Blue

    "Mi piace"

  9. Sintetizzando… lo stile va adeguato al contesto materiale, oltre che a quello culturale.
    Leggere la pagina di un diario, e prima ancora scriverla, non è come scrivere un saggio breve o un articolo giornalistico.
    Tutto qui.
    Anche se poco non è.

    "Mi piace"

  10. @Ciccioprof, ho appositamente voluto essere sboccato in questo post, anzi quasi al limite della volgarità linguistica; tu, molto gentilmente, usi un eufemismo linguistico con “colloquiale”. A prescindere da questo post, ultimamente ho voluto adeguare il lessico al referente, spinto anche dalla comunicazione sul web, che è molto più diretta. Ti è consentito; gradite le tiratine d’orecchio. Sei l’unico ad averlo espresso.
    🙂

    "Mi piace"

Lascia un commento