Tener(um)i

DSCN8728Ho riannodato i fili di un’amicizia “perduta”, ma il termine adeguato è un altro.
Più che di amicizia si tratta di “figliolanza”.
 
Ci eravamo persi di vista dieci anni fa, quando, dopo un suo sbotto d’ira accompagnato da un rimprovero per una mia marachella, l’avevo freddamente salutata, giurando che non avrebbe rivisto mai più la mia faccia.
 
La molla è stata una voce che m’è giunta alle orecchie indirettamente: “Spero che quel disgraziato di Mel faccia in tempo a salutarmi mentre sono viva, e non sul letto di morte”.
Dieci anni dopo l’ho chiamata al telefono e ci siamo ritrovati.
 
Dorina è una splendida settantenne conosciuta per caso sedici anni fa durante un corso d’aggiornamento, che frequentammo insieme niente meno che sulle pendici della Sila.
In città non ci eravamo mai incontrati, dovevamo aspettare un viaggio e un treno per conoscerci e diventare “amici”.
O figlio a lei e madre a me.
Di lei so tutta la sua vita, altrettanto lei di me.
È una donna straordinaria, ma profondamente sola, ha infatti perduto il suo unico amore molto tempo fa.
Un amore fuori corsia.
Con un uomo sposato, morto tragicamente.
Dorina ha insegnato per una vita agli handicappati e il suo dono, arricchito dall’esperienza, è di individuare negli esseri umani, ritenuti normali, le macchie di handicap che tutti ci trasciniamo per l’educazione ricevuta o per le esperienze vissute.
È fervente sostenitrice della “normalità” degli handicappati, mentre teme la normalità della maggior parte degli esseri umani.
Ecco perché è frequente, discutendo con lei, fare scintille e mandarla a quel paese per direttissima.
Dorina infatti non ha peli sulla lingua ed è maestra nell’individuare l’ipocrisia, la falsità, le bugie, gli autoinganni, la meschinità, le piccinerie.
Anche da un minimo particolare.
Canta la “verità” in faccia e occorre tempo perché l’offeso possa manducarla e riconoscerla.
Io, di mio, sono lentissimo nella metabolizzazione dei “colpi” di natura spirituale, quindi mi occorrono dai sei ai dieci anni per riflettere attentamente e vedere in chiaro le cose.
Così ho meditato, compreso, “perdonato”.
E l’ho chiamata.
 
Ieri abbiamo trascorso la giornata insieme.
Sembra che il tempo si sia fermato.
Dorina ha dei bellissimi capelli grigi con un taglio giovanile, due seni appuntiti da pin up, degli occhi castani profondissimi e indagatori, che mettono a nudo finanche un santo.
(Ultimamente è corteggiata da un uomo più giovane di lei, ma mi ha detto che non cederà!)
Ieri indossava un abito vintage cobalto e fucsia, trucco leggerissimo in perfetta sintonia con l’abito, orecchini zingareschi e delle infradito choc.
Abbiamo preparato il pranzo insieme, a tempi biblici.
Con Dorina non ci sono orari, pertanto è meglio sganciarsi da ogni altro impegno.
Io ho pelato i pomodori e svestito tre spicchi d’aglio, affettato un melone bianco, su cui ho avvolto del crudo.
Lei ha lavato ad una ad una le foglie dei tenerumi e le ha lessate.
Ci siamo così gustati una buona minestra diuretica, non dopo averla fatta raffreddare.
Poi la frutta, il gelato, il caffè.
Insomma ci siamo alzati dal desco alle quattro del pomeriggio.
Non è stato possibile raccontarci dieci anni, abbiamo soltanto piluccato di qua e di là tra gli anni.
Nel pomeriggio ha tirato fuori una delle sue scatole.
Le scatole dei ricordi, delle sofferenze, delle gioie.
Il tempo, ancora una volta, è volato via.
La promessa è di rivederci.
Andremo insieme a scorazzare per centri commerciali(non li ha ancora visti) e per monumenti.
Il prossimo appuntamento è una cena fuori in un posto per me inconcepibile, ma Dorina può tutto.
 
  

5 pensieri su “Tener(um)i

  1. Ho sorriso a lungo leggendo questo tuo splendido post, così intimo e pieno di parole non dette…
    …ho sorriso anche perchè quella speciale normalità degli handicappati è una cosa che mi appartiene e che spesso mi mette in situazioni poco carine con certi colleghi…ed ho sorriso perchè, come Dorina, anche io possiedo quel dono di saper riconoscere, un dono grande ricevuto dai bambini che hanno accompagnato i miei anni di scuola speciale.
    Una scuola di vita in cui ho saputo capire chi ero e cosa volevo.
    Una bella amicizia Mel, tienila cara 🙂

    Blue

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