Visioni estive

Giorni estivi come occasione per recuperare film non visti sul grande schermo.
Dei film catalizzanti, diversi tra loro, ma ciascuno con un pregio che costringe ad amarli.
 
Il primo è un film di Patrice Leconte del 2006, Il mio migliore amico, interpretato dal grande Daniel Auteuil.
locandina L’antiquario François, interpretato da Auteuil, la cui vita sembra brillante, si rende conto ad un certo punto di essere profondamente solo, anzi sono proprio quelli che lui ritiene amici a sbattergli in faccia la verità: lui non è in grado di stabilire alcuna relazione umana autentica, con tutti è un fallimento, anche con la figlia. Squarciato il velo che gli impedisce di guardarsi per come è veramente, per scommessa con la socia in affari decide di andare alla ricerca di un vero amico, quasi per dimostrare agli altri di essere capace di fare amicizia. Sarà un tassista, Bruno, giovane bonaccione simpatico, a fargli scoprire, non senza momenti di scoraggiamento, con cosa possa rimare il sentimento dell’amicizia.
Il film ha un taglio ironico e disincantato, tra il sorriso emerge sempre una piega di pensosa malinconia. Il messaggio del film obbliga lo spettatore a porsi una domanda cruciale. La scelta degli amici a quale criterio obbedisce? Convenienza, accarezzamento del proprio ego? Oppure è vera la visione romantica, per cui sono sufficienti delle affinità perché tra due esseri umani scaturisca un sentimento di comunanza di spirito? La risposta fornita dal film pare un’altra: la solitudine, o meglio la consapevolezza di esserlo può spingerci a vivere l’amico come compagno per attraversare il deserto affettivo del mondo.
Grande Auteuil, il protagonista.
E qui una postilla è d’obbligo: gli attori francesi superano in arte della recitazione gli italiani, la cui bravura invece si identifica spesso con l’essere belli.
 
Tara_Road Il secondo è Tara road, film del 2005 di Gillies MacKinnon, che intreccia la storia di due donne, una dublinese e un’americana, e delle loro rispettive famiglie. Le protagoniste, Ria e Marylin, chiudono per sé i battenti delle loro case, ma decidono di scambiarsele temporaneamente, così come le loro città. Una di esse fugge dal marito, un lestofante traditore, un buono a nulla tranne che nell’arte di amare più di una donna in simultanea, l’altra invece da un dolore immane, la morte accidentale del giovane figlio. Anche se l’impianto è inverosimile, il messaggio è molto pregnante: si possono comprendere gli altri solo indossandone i panni e ciò è reso metaforicamente dallo scambio delle case. Ria e Marylin, uscendo dal proprio dolore e vivendo quello degli altri, potranno capire veramente se stesse. Il film sembra suggerire che ogni essere umano è in qualche modo risucchiato dal buco nero di un dolore, esistenziale, quotidiano, crudele, anche soltanto immaginario. Crogiolarsi nel proprio, o peggio assolutizzarlo, è molto vicino alla morte, alla non-vita.
 

imm Il terzo, ambientato in Australia, La generazione rubata, anno 2002, sfrutta il soggetto del romanzo Barriera per conigli di Doris Pilkington Garimara e affronta il tema della tratta e dell’incivilimento di fanciulli aborigeni di sangue misto, crimine perpetrato dagli Inglesi almeno fino agli anni ‘70: tre bambine, infatti, vengono strappate alle loro madri perché possano essere ri-educate secondo parametri appunto “civili”, ma fuggono attraverso il deserto australiano, affrontando i pericoli della fame, della sete e del clima. Lungo il tragitto non le ferma niente e nessuno. L’istinto di sopravvivenza, l’astuzia, per esempio far sparire dalla sabbia le orme e i segni del passaggio, nonché l’aiuto fortuito di qualche anima buona durante la marcia lungo la barriera dei conigli, condurranno due di esse a sfuggire alla cattura. Il film non ha nulla di avventuroso, né di eccentricamente eroico, è invece il resoconto di storie realmente vissute, come poi è possibile desumere dalla scena finale e dai titoli di coda. Se qualcosa di poetico c’è, sicuramente si fa ritmo nella magistrale fotografia, che fissa in quadri silenziosi, o tutt’al più sospesi tra le nenie malinconiche primitive, un paesaggio aridissimo, abbellito da radi cespugli erbosi e arbusti scheletrici, illuminato indefessamente da un sole accecante di giornate senza fine. Tra le scene più belle due soprattutto: delle mani fanciulle che scavano tra la sabbia per dissetarsi e tre uova tolte da un nido per sfamare una giornata di fatica.
 
Mi piacerebbe leggere il libro della Pilkington, ma temo sia introvabile.

3 pensieri su “Visioni estive

  1. Leconte è un regista che amo molto: di lui ho visto La ragazza sul ponte, La veuve de Saint-Pierre (nello splendido periodo in cui vivevo a Cambridge), L'uomo del treno. Questo non l'ho visto, ma spero di recuperare presto, per me è una garanzia!

    Follow the rabbit-proof fence lo trovo su Amazon UK a un prezzo decente (10 sterline), per l'edizione italiana temo invece che si debba ricorrere al prestito in biblioteca…

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  2. Ciao Mel! Rieccomi nel web dopo un triste anno di assenza necessario per ricomporre in completa solitudine un'esistenza andata a pezzi . Così è la vita. Leggerò con calma il tuo anno sicuro di trovare un patrimonio da accumulare e tanti spunti di guarigione. Per intanto un forte abbraccio. Il mio silenzio non equivale a dimenticanza, tutt'altro!
    ser

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