Meno due

…e poi in vacanza, grazie a una favorevole congiuntura di date e scelte indipendenti dalla mia volontà. E niente compiti da correggere, se non uno smilzo pacco di versioni. E questa volta il grazie va alla Capa, che m’ha fatto confezionare una cattedra leggera per il mio doppio incarico scolastico. Eppure una punta di amarezza ha condito i miei pensieri pomeridiani.

Gravitò nell’universo scolastico dal 1991, poco più che ventenne ho iniziato ad insegnare. Oggi, mentre si svolgeva un noiosissimo collegio dei docenti e voci insulse blateravano con finto entusiasmo una serie di porcate ammantate di innovazione pseudo-pedagogica, ho realizzato che il mio rapporto con la scuola, soprattutto con quello che sta diventando, ma che ancora non è, somiglia a quello di un marito fedele alla propria moglie, a cui balena per un attimo il ghiribizzo di tradirla, ma non lo fa, perché le vuole troppo, troppo bene per cedere alla passione di una scappatella. Pertanto mi sento un po’ come quei mariti annoiati della vita matrimoniale, eppure pertinacemente legati alla compagna della propria vita.

Doveri, doveri, doveri. Sempre meno piaceri, piaceri, piaceri.

Un po’ d’equilibrio male non farebbe.

13 pensieri su “Meno due

  1. Se la scuola italiana perdesse un professore come te sarebbe un gran peccato. Per cambiare vita però non è mai troppo tardi, perciò antenne in ascolto e cogliere l’attimo!!

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  2. Che dirti? NOn c’è matrimonio che non abbia i suoi momenti di debolezza, o i suoi richiami verso altri orizzonti, diciamo così.
    Nel nostro lavoro però c’è di buono, o di male, che non possiamo andarcene da un giorno all’altro e quindi tempo per pensare ce n’è.

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  3. I precedenti commentatori hanno evidentemente percepito in questo post un velato progetto di cambiare lavoro. Io non lo ho percepito. I momenti di insoddisfazione, delusione, disillusione capitano normalmente in ogni mestiere, e tu li hai esternati: è normale. Mentre non hai accennato ad un progetto “alternativo”, condizione indispensabile, superati i quaranta, per poter ricominciare da capo (mentre solo superati i 55-60 l’insoddisfazione lavorativa si traduce nell’attesa del pensionamento). Io credo che, nonostante i preoccupanti problemi del futuro della scuola, tu ami troppo il tuo lavoro (molto più di quanto lo ami io, per intenderci) per rinunciarvi a favore di qualcosa che non hai menzionato.

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