Bufale di lettura

Félicien Rops , L’entr’acte de Minerve

Libro chiama libro, perciò ho acquistato e letto anche Il professore di desiderio(1977)di Philip Roth, copiosamente citato da Recalcati nel saggio L’ora di lezione. Ammaliato dalle citazioni di tranche del romanzo di Roth, disseminate lungo il saggio, sono caduto nella trappola e ho preso atto che per i miei gusti personali Il professore di desiderio è un libro brutto. Brutto per il contenuto, accettabile per lo stile, dominato da una narrazione autodiegetica, a tratti fastidiosa, che comunque nulla aggiunge alle mirabolanti avventure sessuali dell’americano, di origine ebrea, David Kepesh. All’interno di una struttura narrativa da romanzo di formazione, con incastonati sfoghi epistolari, il protagonista racconta, dall’infanzia alla maturità, la sua duplice formazione, di esperto del desiderio sessuale e di acclamato professore di letteratura. A detta dei critici, si tratta di un romanzo intelligente sul dilemma del piacere(dove lo cerchiamo, perché lo fuggiamo, con quanta fatica giungiamo a una tregua fra il desiderio e la dignità), ma personalmente non sono riuscito ad appassionarmi più di tanto, probabilmente per l’affastellamento magmatico di avventure sessuali di David(prima, durante e dopo il matrimonio, tra l’altro), puntellato da riflessioni più o meno condivisibili sul piacere e intervallato da strampalate sedute psicanalitiche, che costituiscono un inno alla confusione mentale. Il tutto inghirlandato da citazioni dirette e indirette di libri letti da David in omaggio al suo statuto di professore esperto di letterature comparate. Del libro si salvano l’incipit, in cui il giovanissimo David racconta della sua amicizia con Herbie Bratasky, un poliedrico attore-cantante-comico, analitico imitatore della panoplia dei suoni con cui il genere umano emette i propri gas, e, nella parte centrale, la lunga lettera del professore David Kepesh ai suoi allievi, la stessa che Recalcati cita nel suo saggio e che ha funto da cartina acchiappamosche per me lettore deluso.

9 pensieri su “Bufale di lettura

  1. Lo ammetto: Philip Roth è uno di quegli scrittori che ai miei occhi risultano incomprensibili. Quando uscì questo gli diedi la classica scorsa in libreria, e dopo un paio di mezze pagine lo accantonai, domandandomi in cosa la mia mente fallasse, visto che non riuscivo a vedere alcun interesse in quel che scriveva anche se tanti sembravano fare gran conto di quel che scriveva. Con gli anni ho imparato che non tutto si addice a tutti. Per fortuna, tra l’altro.
    Insomma, solidarizzo.

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  2. Ho letto tempo fa “Pastorale americana” , ma non ne ricordo quasi nulla. Evidentemente non l’ho giudicato epocale quanto avrei dovuto. Ma non faccio testo, quanto a critica letteraria sono scadentissima !

    Del lamento di Portnoy ricordo invece alcuni particolari curiosi, che non mi hanno comunque attratto più di tanto. Non è che Roth fosse anche un tantino perverso ?

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  3. A me Philip Roth piace molto anche se non tutti i suoi romanzi sono della stessa qualità, anzi trovo una certa discontinuità. Se per caso non hai letto “Pastorale americana” ti consiglio di dargli una possibilità perché penso sia uno di quei romanzi di cui, leggendoli, sei consapevole che diventerà un classico nel futuro. E’ davvero un romanzo eccezionale, ricco di tematiche, di caratteri, e con una visione ampia. Del “Lamento di Portnoy” ho amato il finale tremendamente ironico. E’ vero che è un autore che soprattutto in alcuni romanzi può sembrare un po’ monotematico (come mi sembra sia in questo “Il professore di desiderio”, che non ho letto; mentre in “Pastorale americana” assolutamente no) però per es. ho or ora terminato di leggere “Nemesi” (uno dei suoi romanzi che ancora non avevo letto) e pur non trovandolo un capolavoro mi ha comunque tenuta impegnata, ora sto leggendo un altro suo romanzo (credo uno dei suoi primi), “Quando lei era buona” e anche questo mi sta piacendo, sempre per l’approfondimento dei caratteri messi in scena. Insomma, un’altra chance gliela darei…

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  4. P.S. “Nemesi” non è un capolavoro ma mi è piaciuto molto (dal mio commento sembra sia un brutto libro ma intendevo solo dire che se devo consigliare un libro consiglio certamente “Pastorale americana” rispetto a tutti gli altri); è ambientato nell’estate del 1944 a Newark durante un’epidemia di poliomielite (all’epoca non esisteva ancora il vaccino e di polio si restava menomati a vita e spesso si moriva) e al centro del romanzo c’è un animatore di un campo estivo che si trova ad affrontare una serie di dilemmi morali che ognuno di noi si potrebbe trovare davanti in analoghe circostanze, il tutto espresso in modo convincente e coinvolgente.

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  5. Roth è così più di altri romanzieri, come dice Ilaria: o lo si odia o lo si ama. A me piace molto. Di testa, di intelletto, ma la sensazione di essere di fronte a un classico in vita, letterariamente quasi perfetto, io l’ho avuto spesso, e non solo con Pastorale americana. Anche se è un autore che rileggerei meno di altri, per dire.

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  6. @Succede, Pensierini.

    @In un certo senso, Murasaki, mi sei di conforto con il tuo commento, infatti ero indeciso se scrivere questo post.

    @Ornella, ho una conoscenza molto limitata di Roth, non saprei dirti se è perverso o no.

    @Grazie, Ilaria. Di “Nemesi” mi ha parlato una collega, “Pastorale” lo leggerò. Ne ha parlato in un convegno anche Luperini.

    @Probabilmente c’è qualcosa in lui, Povna, che un po’ respinge. Tra l’altro occorre un vocabolario di cultura ebraica e yiddish per capire certi concetti.

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