Dillo in italiano

ts1428-71Ho firmato, e invito a farlo, la petizione DILLO IN ITALIANO.

Infarcire discorsi politici e comunicazioni amministrative, resoconti giornalistici o messaggi aziendali di termini inglesi che hanno adeguati corrispondenti italiani rende i testi meno chiari e trasparenti, meno comprensibili, meno efficaci. Farsi capire è un fatto di civiltà e di democrazia.

Ma non solo: la lingua italiana è amata. È la quarta studiata nel mondo. È un potente strumento di promozione nel nostro paese ed è un grande patrimonio. Sta alle radici della nostra cultura. È l’espressione del nostro stile di pensiero. Ed è bellissima.

Privilegiare l’italiano non significa escludere i contributi di parole e pensiero che altre lingue possono portare. Non significa chiudersi ma, anzi, aprirsi al mondo manifestando la propria identità. Significa, infine, favorire un autentico bilinguismo: competenza che chiede un uso appropriato e consapevole delle parole, a qualsiasi lingua appartengano.

Chiediamo che, forte del nostro sostegno, l’Accademia della Crusca inviti formalmente il Governo e le Pubbliche Amministrazioni, gli esponenti dei media, le associazioni imprenditoriali a impegnarsi per promuovere l’uso dei termini italiani in ogni occasione in cui farlo sia sensato, semplice e naturale.

Grazie

Annamaria Testa via Change.org

13 pensieri su “Dillo in italiano

  1. Può darsi sia un atto puramente simbolico. Però un certo fastidio per questo uso spropositato di termini inglesi, anche pure a casaccio, tanto per mettersi in evidenza, sento di provarlo, perciò ho firmato. E ho invitato qualche amico a seguirmi. Così, tanto per ricordare che siamo eredi di una solida tradizione.

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  2. @Povna, se si fosse trattato di un rigurgito purista, non avrei firmato, essendo convinto che la lingua non sia uno strumento da tenere in vetrina in bella mostra o da usare una tantum per gli ospiti di riguardo. Mi pare che la richiesta di petizione(non è ancora una petizione)sia circoscritta all’ambito legislativo/amministrativo, in cui al burocratese sibillino da qualche decennio si è mescolato l’uso di parole straniere, che strozzano la comprensione di gran parte degli Italiani. Scorgo in questa campagna di sensibilizzazione un orizzonte democratico, come anche nello strumento costituzionale.

    @Ornella, anch’io mi chiedo da cosa dipenda questa tendenza. Moda? Snobismo? Sentimento di inferiorità? Personalmente faccio un uso limitato di parole straniere, ma questa è una mia scelta, dettata da una passione travolgente per la nostra lingua e le sue antenate.

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  3. oh, magnifica iniziativa!!! ricordo anni fa all’agenzia delle entrate…..un vecchietto sugli 80 anni, entrò in una stanza dov’ero io con un funzionario e spaesato chiese dove fosse non so chi. Il funzionario disse: SI RIVOLGA AL FRONT OFFICE!!! il vecchietto fece una faccia così sgomenta, che io gli ripetei traducendo in dialetto: la vada al bancon …. e ancora, un medico disse al mio ex suocero: le suggerisco un path da seguire (cioè un sentiero, una traccia, comportamenti da mettere in atto per migliorare una situazione) ed al suocero cadde la mandibola….

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    • Bisogna sforzarsi di usare i corrispettivi italiani delle parole inglesi, per evitare che vadano dispersi. Per esempio, parlando di presentazioni, perché usare il termine ‘slide’ e non ‘schermata’ o semplicemente ‘pagina’, se proprio ‘diapositiva’ sa di muffa?

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