Nitta

La nonna materna era analfabeta, ma i numeri li conosceva, eccome se i conti li sapeva fare! Era ugualmente suo costume costringere uno dei nipoti ad accompagnarla al telefono pubblico per chiamare uno dei tanti figli disseminati per il suolo italico. La funzione di noi nipoti era quella di dettarle il numero telefonico.

I maschi erano andati fuori dalla Sicilia in cerca di fortuna ed erano gli anni ’70. Secondo lei i figli maschi altro che fortuna! Avevano sposato delle donnacce, delle streghe, che avevano ordito, a sua detta, un matrimonio di convenienza, sfruttando il loro potere malefico di megere abili nell’arte di mescolare sangue mestruato essiccato con caffè. Il nero nasconde il rosso, diceva. Il rosso del sangue li avrebbe avvinti in un legame passionale e il nero scatenato lutti e sventure della peggiore specie, se i mariti si fossero azzardati a tradire le mogli. Io queste cose non le capivo, ma le ascoltavo, immerso nei miei giochi autistici, rubandole dalla bocca delle mie zie, che si passavano le confidenze, mentre sbucciavano fave e piselli.

Anche a me toccava il turno di accolito della nonna; ci recavamo all’unico telefono pubblico disponibile in paese, un poliedrico esercizio commerciale, che fungeva da edicola, merceria e giocattoleria. Lanciato uno sguardo fugace ai giocattoli, mi concentravo su Nitta, la telefonaia, tale nel mio immaginario, ma di fatto proprietaria del negozio. Era una donna diversa da quelle di mia conoscenza familiare; alta, giunonica, elegantemente abbigliata e con due particolari galvanizzanti: un tuppo nerissimo, dalla forma di un cannone da guerra, che spara al cielo, e uno strato di ombretto verde smeraldo, che ricopriva interamente le arcate delle palpebre superiori. Quel verde spiccava di più per il solco arato dalla matita nera. Per me lei era la strega, la strega buona, ho poi scoperto negli anni. È stata amica confidenziale di mia madre, che ha completato con i suoi ricordi il ritratto di Nitta, donna e madre, che aveva deciso di essere se stessa, di dare sfoggio della sua bellezza, fregandosene delle pettegole del paese.

Ne parlavamo, io e mia madre, oggi pomeriggio, amaramente rammaricato, io,  per non aver potuto partecipare alle esequie di Nitta. Quasi quotidianamente passavo davanti al suo negozio, intravedendola, curvata dagli anni, su una poltrona, che le figlie avevano sistemato proprio lì per mantenere vivo il legame tra la madre, i giornali e le riviste; Nitta non vendeva più, ma trascorreva il giorno nel suo piccolo mondo di carta, vegliando con gli occhi dalle palpebre smeraldine clienti e passanti. Più volte mi sono promesso di varcare la soglia dell’edicola per rivolgerle un saluto e portarle quello della sua amica di gioventù. Ma si corre e si va, inariditi dall’egoismo e dalla negligenza, rimandando anche un saluto affettuoso a un domani che non verrà.

12 pensieri su “Nitta

  1. questa delle donne del nord tutte streghe e donnacce seduttrici pare dura a morire, visto che è ciò che mi diceva la madre di un mio ex di Caserta… 😛

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  2. Abituata al binomio “leggere e far di conto..” non mi aspettavo che una delle azioni si potesse dissociare dall’altra…
    A quanto pare tua nonna l’ha fatto.

    Bello il ricordo di Nitta : come dici tu ,abbiamo sempre cosi tanto da fare, che tralasciamo le cose più importanti.
    Ma qui l’hai ricordata e l’hai fatta conoscere anche a noi…

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  3. @Che poi, Pensierini, chissà se è vero! In effetti ci si disgusta.

    @Kappadue, arrossisco. Ce ne sono già tanti scrittori.
    (Come stai?)

    @Secondo me, Lanoisette, certe “teorie” sono strampalate, però la nonna aveva ragione limitatamente ai figli, pozioni a parte. Sarebbe potuto succedere anche con donne meridionali.

    @76SF, infatti lo scopo del post è ricordare Nitta.

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  4. sai una cosa? a parte la bellezza di questo post, mi ha ricordato una storia del Piccolo Paese, quello di cui scrivevo talvolta nel mio blog, in Croazia, da cui deriva una parte della mia famiglia. Come tutte le zone rurali si assomigliano! tanti anni fa, nel dopoguerra, c’era una signora simile a Nitta. Proprietaria dell’unica cartoleria con vendita di giornali (tutti in ritardo di svariati giorni, essendo un’isola) e unica donna a non essere sposata malgrado la bellezza, unica donna a truccarsi malgrado l’inattaccabile serietà! bastavano queste due cose a farne una mosca nel latte. Un giorno un bambino rimase orfano e l’alternativa era: o farlo vivere da randagio palleggiandolo tra i vicini di casa, o spedirlo sulla terraferma in un orfanotrofio. La signora della cartoleria lo prese con sé benché fosse piccolissimo: non era un gesto interessato per avere il servetto gratis. La cosa si accomodò senza tante storie, nella complicità di tutto il Piccolo Paese: non come oggigiorno che, apriti cielo! le donne single non possono adottare neppure se hanno i mezzi di Charlize Theron e Michelle Pfeiffer, attrici ricchissime e single che hanno adottato bambini. Anche Angelina Jolie ha adottato il primo figlio da single. Quell’orfanello cresciuto come figlio dalla cartolaia-giornalaia truccata e zitella, era un mio zio acquisito.

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  5. E’ vero, ci sono tanti scrittori e tanti libri, ma scrivere un libro è una esperienza che chi ama esprimersi con la parola scritta, e ci riesce bene come te, dovrebbe fare prima o poi. Senza ambizioni di fama o ricchezza ovviamente.

    Mi chiedi come sto, non saprei risponderti, forse in bilico fra l’atarassia e la rassegnazione ma comunque con un sottofondo di quiete che per ora mi basta per tirare avanti.

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  6. @Ci mancherebbe, Kappadue! Altro che ricchezza, quando si parla di libri. C’è una ricchezza invisibile, invece, che scaturisce dalla scrittura e dalla lettura.

    La quiete…è già un discreto approdo. Sempre un piacere sapere che ci sei qui, in questa rete invisibile.

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