Il rischio della manipolazione

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Mi ha impressionato non poco la narrazione della storia della professoressa Gloria, di cui RaiTre ha tentato di ricostruire la tragica fine; devo dire che i media sono stati sufficientemente rispettosi della donna, infatti non hanno amplificato gli aspetti diciamo scandalistici della vicenda e hanno puntato maggiormente sulla personalità manipolatrice dell’ex alunno, una specie di camaleonte assassino. Il racconto dei fatti è noto a tutti: un alunno, dalla personalità mutevolmente stratificata, dopo qualche anno dal termine del ciclo scolastico, contatta la propria insegnante(precaria), la circuisce, le spilla quasi duecentomila euro con la promessa di un futuro eldorado economico, e sentimentale, sparisce dalla circolazione e alla richiesta da parte di lei, dopo un anno circa, di un riscontro dell’investimento, rivelatosi poi fasullo, ne organizza, con la complicità di un suo amante, l’assassinio e la sparizione. Dal racconto emergerebbe pure il coinvolgimento della madre del camaleonte nell’architettura del misfatto. Certamente restano anche dei vuoti narrativi: la professoressa Gloria era un’insegnante di sostegno in servizio presso la scuola media. Chi sosteneva? L’alunno-omicida o un compagno della classe? E poi il silenzio dei colleghi: nessuno di loro(mi pare)ha fornito una sua testimonianza sui due soggetti della vicenda, né sulla professoressa, né sull’alunno.

Perché mi ha impressionato la storia?

Per il semplice fatto che la donna uccisa è una collega e, appunto per questo, è inevitabile che si aprano spazi di riflessione sulla delicatezza della nostra posizione, emotiva e affettiva, a scuola. Che poi è anche di chi quotidianamente commercia, nello svolgimento del proprio lavoro quotidiano, con altri esseri umani: medici, infermieri, sacerdoti e insegnanti. Si tratta di professioni che presentano il grosso rischio di invadere inevitabilmente la sfera affettiva dell’interlocutore. Ma è vera anche l’operazione inversa. Il caso di Gloria docet. Non è facile mantenere sbilanciata la relazione; oggi si tende ad annullare il necessario dislivello simbolico tra i soggetti della diade coinvolta: il medico amico del paziente, il sacerdote amico del fedele, l’insegnante dell’alunno, la madre del figlio e così via. Uno dei pericoli è proprio la manipolazione da parte di chi nell’immaginario comune occupa il posto del soggetto debole e fragile: il paziente, il peccatore, l’alunno in difficoltà, il figlio bisognoso di affetto.

Per il quadro di solitudine emerso nella ricostruzione zero del ritratto di Gloria: figlia di famiglia all’età di cinquant’anni(poco più), abitudinaria(casa-scuola-chiesa-chiesa-casa-scuola), una vita affettiva deserta di intimità extra-familiare, tendenzialmente solitaria; una signorina Felicita che ha come unico passatempo straordinario tifare per la Juventus. Si deduce facilmente che manca qualcosa per tracciarne un profilo completo. È stata fornita una visione letteraria della povera donna, che giornalisticamente fa presa sullo spettatore: una donna angelicata destinata alla santità domestica, violentata poi dal mostro camaleontico, esperto in trasformismo umano.

Per l’ingenuità della donna, vittima, in tutto questo, del sistema scolastico italiano, se è vero che, al termine di ogni anno scolastico, la professoressa Gloria temeva che non le avrebbero rinnovato il contratto di lavoro. Ecco, questo è per me il punto inaccettabile dell’intera vicenda: si possono consegnare, senza peraltro alcuna garanzia, quasi duecentomila euro a un ragazzino con la promessa di costui di farli fruttare attraverso un fantomatico investimento in chissà quale società finanziaria? Quanto avrà pesato il precariato sulla scelta dissennata di svuotare il proprio conto corrente? Quanto la solitudine? Probabilmente entrambi.

Infine per la luciferina malvagità dell’ ex-alunno manipolatore. Che piaccia o no, i docenti dobbiamo ammettere che il rischio di essere manipolati dai nostri alunni non è lontano dalle nostre aule scolastiche. Spesso si concretizza in meschinità spicciole, talvolta, come il caso in questione, in misfatti sconcertanti, ai quali possiamo contrapporre lucidità e discernimento e, in una parola, deontologia professionale. Sempre e comunque.

Absit iniuria verbis. Con il post di oggi non si è voluto esprimere un giudizio morale, o di qualsivoglia natura, sui soggetti della vicenda, ma una riflessione personale condotta attraverso il filtro delle suggestioni personali.

 

16 pensieri su “Il rischio della manipolazione

  1. Il rischio della manipolazione c’è sempre, nei rapporti familiari e sociali. Forse la professoressa era stanca del suo ruolo di brava figliola, ma non aveva la forza di uscire dalla famiglia di origine in modo autonomo. E poiché noi leggiamo le altrui vicende col filtro della nostra esperienza, io mi chiedo come sia sfuggito ai genitori il fatto che lei si fosse “invaghita” di qualcuno. Non erano preoccupati per una figlia priva di relazioni sociali? Avranno fatto qualcosa, a suo tempo, per promuovere l’indipendenza almeno emotiva della figlia , o gli andava bene il tran tran casa scuola chiesa ?
    E l’imprudenza di incontrare da sola l’elemento fedifrago, un errore fatale per molte donne, purtroppo. 😦

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  2. A me invece è venuta in mente l’incredibile ingenuità che mostrano certi insegnanti, per esempio quando credono alle più colossali bufale (ricordo un insegnante DI TECNOLOGIA che mi spiegò seriamente che le attuali fragole erano incrociate con i pesci, e per questo in mezzo avevano una specie di lisca, e un altra che mi raccontò con altrettanta serietà che la nuova compagna del suo ex le aveva lanciato una fattura e per questo di recente aveva avuto una serie di disgrazie, tra cui un influenza e un problema al Provveditorato per il punteggio). Ufficialmente siamo preposti all’educazione altrui e dovremmo essere esempi autorevoli, ma a quel che sembra un buon livello di istruzione non ci salvaguardia dal credere alle peggiori assurdità. In fondo, la storia di accorti milionari che si sono dimostrati squali di grande accortezza nel mondo della finanza e che vengono raggirati da qualche bella ragazza sono relativamente comuni.
    Posso solo augurarmi che il buon senso non abbandoni mai ME in una situazione del genere – ma non ho nessuna garanzia concreta, temo.

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  3. interessantissimo post e interessantissimi i due commenti. ricordo bene il caso, mi aveva inorridito. io tengo molto ai soldi perchè sono difficili da farsi e facilissimi da spendersi. Per cui meritano il massimo rispetto, ti imbrogliano perfino i brokers di professione, quando non te li fanno svanire senza cattiveria ma in investimenti ad alto rischio. Duecentomila euro non è una somma enorme ma nessuno può permettersi di perderla, come se si trattasse – poniamo – di duemila euro. Affidarli ad un personaggio come quello, è pura follia e dimostra quanto la poveretta fosse succube di quel ragazzo. E questa è la prima cosa che mi colpisce di questa storia. Altra cosa, è la vita che conduceva quella signora: una vita così vuota di affetti e di relazioni sociali mi sgomenta, una specie di eremita urbana. Quanto ai suoi genitori che secondo Ornella avrebbero dovuto preoccuparsi, vi dirò: proprio ieri ho letto su un giornale femminile un paio di lettere alla direttrice in cui donne di 34 e di 40 anni (!!!) si lamentavano che le loro madri iperpossessive non gli permettevano di sposarsi coi loro fidanzati! muoio… io mi sono sposata a venti anni, va bene che non avevo madre ma se l’avessi avuta lo avrei fatto lo stesso: si sarà maggiorenni per qualcosa?! Ho orrore per questo ascendente psicologico genitoriale che non si allenta quando i figli diventano adulti creando situazioni insane. Terzo, tutti tendono a credere che i fanciulli giovanissimi siano degli angioletti, mentre io ho visto più volte che certi ragazzini hanno una forza psichica maggiore di quella degli adulti con cui sono in contatto. Un anno e mezzo fa un prete si è impiccato perchè irretito da una tredicenne. Giorni fa, un padre di famiglia è scappato di casa con una quattordicenne il giorno del suo compleanno (questo, almeno, gli evita l’imputazione di violenza sessuale dato che l’età del consenso parte dai 14 anni) ma avrà un procedimento penale per averla fatta uscire dalla casa di famiglia senza il permesso della stessa. Ora, io non conosco le persone di queste due vicende ma mentre TUTTI si scagliano contro gli uomini, io lascio uno spiraglio alla possibilità che le ragazzine fossero state più furbe e più manipolatrici di loro. Quarta ed ultima cosa: la SUPERSTIZIONE delle persone con una formazione scientifica o cmq non creativa nè umanistica mi è ben nota, la fragola-pesce non l’ho mai sentita ma le “fatture” sì, conosco due avvocatesse della mia età le quali frequentano chiromanti e astrologi e prima di udienze importanti si mettono in tasca cristalli cui la cristallomanzia attribuisce poteri magici. Non crediamo più a Dio, ma il bisogno del meraviglioso e del divino permane sempre anche nei cuori più moderni. E lo si sostituisce con cristalli, gingilli, cornetti di corallo a scelta nel vasto armamentario di oggetti apotropaici.

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  4. una noticina per Murasaki: a proposito della fragola-pesce, io nella mia ignoranza ho scoperto tempo fa su Internet che le pesche e le rose discendono da un antenato comune, un paleo-arbusto la cui esistenza può essere sospettata dal fatto che i fiori di pesco e le rose selvatiche effettivamente si somigliano. La cosa mi ha scioccata, come può essere che ad un certo punto dell’evoluzione un gruppo di arbusti diventano da frutto e un altro gruppo diventano da fiore? ma gli incroci al di fuori del regno di appartenenza (animale o vegetale) non li ho mai sentiti, non so niente di biologia nè di botanica ma una decina d’anni fa avevo perfino messo sul mio blog in Jumpy che avevo trovato nel Web l’immagine di un PULCIGLIETTO, creatura metà pulcino e metà coniglietto, e per un po’ credevo fosse vero ma una commentatrice molto più edotta mi ha scritto che meriterebbe un Nobel chi fosse riuscito ad incrociare un oviparo con un mammifero. Quindi ancora più improbabile appare una natura comune tra fragola e pesce…

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    • Ci ho ripensato, e il paleoarbusto (di cui non sapevo nulla, e la storia mi è piaciuta molto) NON si è evoluto in due piante, una da frutto e una da fiore, ma in due arbusti che, come tutti, hanno fiori E frutti. La distinzione la facciamo noi perché delle rose usiamo i fiori e delle pesche i frutti, ma è il nostro punto di vista da utenti. In realtà i peschi hanno anche loro i fiori (altrimenti non potrebbero fare i frutti) e le rose, una volta sfiorite, hanno i loro frutti pieni di futuri semi – solo che noi quei frutti non li mangiamo e quindi non li consideriamo “frutti”. Dal punto di vista della pianta operò lo sono, eccome.

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  5. @In questo tipo di contesto ovattato, Ornella, spesso i genitori non vogliono vedere, anzi scacciano dalla loro mente la possibilità che un elemento della famiglia possa osare di spezzare le catene.

    @Murasaki, non posso darti torto. In teoria dovremmo guardarci da certe situazioni, poi la realtà fa il resto.

    @Albaplena, credo anch’io che i ragazzini non siano del tutto angioletti; gli insegnanti dovremmo fissare bene in testa quest’aspetto.

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  6. Commento con calma perché avevo letto il tuo post in un momento di fretta, e volevo tornare per meditarci a modino. Molto hai già anticipato tu, così come chi ha commentato prima di me. Aggiungo che anche a me, come te, fa specie questo dettaglio del sostegno che poi non è stato approfondito, che complica ulteriormente il profilo di ingenuità della vittima, e, sia pure in modo diverso, quello del carnefice.
    Aggiungo che questo apre comunque squarci molto inquietanti sul personale preposto alla pubblica istruzione, sui suoi strumenti di selezione (a tempo determinato o meno) e sugli strumenti, altrettanto drammatici, di selezione del personale addetto a persone che, in teoria, dovrebbero essere tutelate da legge ad hoc.
    Hai ragione, una vicenda perturbante sotto molti aspetti.

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  7. La vicenda del giovane tedesco/iraniano di Monaco è, a mio parere, un altro episodio inquietante che chiama in causa anche l’ambiente scolastico. Sempre che risponda a verità la notizia che sia stato vittima di bullismo, sarebbe interessante sapere quanto questa sua vicenda personale abbia influito sulla decisione di compiere una strage fra i suoi coetanei. Scelti a caso, poi. Almeno avesse deciso di vendicarsi su chi lo tormentava. Ecco , penso che il problema del bullismo sia ancora molto sottovalutato da docenti, presidi e anche genitori. E si tenda a colpevolizzare le vittime e scusare i colpevoli….

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  8. Ornella, solitamente a scuola si tende a insabbiare i casi di bullismo; non ho esperienza diretta nelle mie classi per quel che ne sappia o di cui abbia coscienza, ma da racconti indiretti circolanti a scuola confermo che solitamente esce trionfatore il carnefice, per il quale si trovano medicamenti buonistici, mentre per la vittima si fa poco. Ora non si pretende di mettere alla gogna il bullo, ma talvolta un provvedimento forte può scuotere la sua coscienza e quella degli eventuali emuli. Complesso, eh!

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    • Ahimè, confermi quanto già sperimentato, non nella mia scuola, ma al liceo frequentato dai miei nipoti. Fu mia sorella a intervenire parlando alla professoressa di lettere, preoccupata da quanto le raccontavano i figlioli sulla persecuzione a carico di un ragazzo forse un po’ timido e che vestiva in modo diverso dallo stile richiesto dai bulletti. Non credo che l’intervento abbia avuto grande successo. L’importante sarebbe riuscire a isolare proprio chi perseguita. Sono d’accordissimo per i segnali forti e autoritari!

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  9. @Povna, sai che a volte concentro la mia curiosità proprio sui nostri colleghi più strani? Anche quelli apparentemente sbiaditi. Per la selezione dei colleghi di sostegno stendiamo un manto pietoso. Raccattati con corsetti di poco valore. 😂

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  10. Penso che il problema vada oltre… Nella società moderna per molti individui è difficile relazionarsi con gli altri. E’ una società in cui gli standard sono elevati, nel senso che conta l’apparire più che l’essere. Tanti si richiudono in se stessi come se fossero degli “zeri” e si rifiutano di lottare, sono persone fragili e facilmente manipolabili… anche se sono docenti. Che tristezza

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  11. Mel, anch’io ho seguito la vicenda e mi è parso di capire che, all’epoca in cui la professoressa aveva in classe lo sciagurato alunno, insegnava francese, ma poi negli anni successivi ha dovuto accontentarsi di incarichi sul sostegno. Quello che non capisco, dal punto di vista professionale, e’ come mai, a cinquant’anni, lei era ancora precaria al punto di non riuscire ad avere un incarico annuale sulla sua materia. Io, ad esempio, sono finita di ruolo dopo i cinquanta, ma ho iniziato ad insegnare tardi, dopo aver passato una decina d’anni a fare altro, e negli anni immediatamente precedenti al ruolo ero ai primissimi posti della graduatoria, bloccata lì’ da una situazione che notoriamente non si smuoveva (venivano fatte una-due immissioni ogni anno, a volte nessuna!) ma l’incarico annuale sulla mia materia era pressoché garantito. Forse anche lei aveva iniziato ad insegnare tardi? E cosa faceva prima? Dalle notizie sui giornali non sembra.

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  12. @Gipsy, l’aspetto scolastico non è stato molto approfondito, rimangono domande senza risposta. Che poi ai giornalisti interessa il lato morboso, ma dietro questa donna c’è una storia che emotivamente “coinvolge”, vuoi anche perché era una docente. In tutte le scuole ho notato che i docenti “più strani” sono sempre quelli soli, emarginati o auto-emarginatisi. Personaggi un po’ pirandelliani, ma reali, che hanno scelto, o a cui è stato imposto, di posizionarsi sulla circonferenza della vita, non dentro il cerchio.

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