Le lezioni sono cominciate a pieno ritmo e, se volessi, potrei già interrogare e sottoporre gli studenti alle prime verifiche scritte, ma ho deciso di attendere i primi giorni di ottobre; ho l’impressione che i ragazzi siano ancora ubriachi di sole e di mare e ancora con la testa nell’iperuranio delle vacanze estive. Oggi ho preso atto che, dopo la pausa, i primini, ormai in seconda, sono del tutto cambiati. Dov’è finita la loro vivacità? Sembrano affetti da una strana forma di letargia e stamattina per tale motivo li ho rimproverati aspramente. Ho già quasi preparato il terreno per tutti i semi da piantare: il testo poetico, Alessandro Manzoni, l’analisi del periodo, la sintassi latina e nutrite porzioni di storia antica. A proposito di poesia oggi si sono sciroppati tre ore consecutive di scansione e figure metriche con tanto di esercitazione alla lavagna, tanto che mi stupisco non abbiano richiesto delle bombole di ossigeno, considerato che l’aria era satura di ictus, cesure ed enjambement. A dire il vero, l’esordio della lezione è stato soft, perché con l’aiuto di numerose testimonianze di poeti si è tentato di definire cosa sia la poesia. Invano naturalmente. Ai più è piaciuto un esempio, non ricordo se targato Caproni o Svevo, che paragona il linguaggio poetico a quello musicale: in una caserma un tenente d’ispezione decide di convocare i soldati alla consumazione del rancio, ricorrendo, un giorno, al suono del flauto anziché della classica trombetta. Dapprima i soldati rimangono a bocca aperta, non essendo abituati al melodioso ritornello del flauto, tuttavia comprendono ugualmente che è l’ora di consumare il pasto e si avviano alla mensa. La scelta estrosa del tenente ha sortito il suo effetto: il messaggio è passato, è cambiato soltanto lo strumento, che da comunicativo è divenuto espressivo. Sembra che gli studenti abbiano apprezzato, sebbene non abbiano mai fatto esperienza del servizio militare. Com’è mia abitudine, ho semplificato ancora di più l’esempio della trombetta e del flauto: immaginate che un giorno, al posto della solita prosastica campanella, che annuncia la ricreazione, suoni la fanfara dei bersaglieri!
E tutti a ridere. Mi sono fatto così perdonare le tre ore. Almeno spero.
Certo Mel, che insegnare a dei ragazzi che reggono l’attenzione per 3 ore è un grosso privilegio. I miei reggono a malapena 10 minuti. Si fa cultura lì da te e cosa più bella non c’è. Mi sono immaginata la scena di te che spiegavi a quella scolaresca che ascoltava in religioso silenzio, fino al momento che gioiosamente hanno riso delle tue battute, è una meraviglia. Buon lavoro grande prof!
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@Alidada, il buon senso ha preteso anche dei momenti di intervallo; lo stacco della ricreazione e le esercitazioni in classe hanno allentato la morsa.
Buon lavoro a te! 🙂
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Che bella e interessante lezione dev’essere stata! Peccato non poter assistere, magari sotto forma di ologramma! Perdonato? Senza meno, tre ore di fatica e impegno soprattutto da parte tua, altro che scherzi!
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Poi ti invierò il file, Ornella! 🙂
Scherzo, naturalmente.
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Ma come :”avrei potuti anche interrogare..”. Ak 27 di Settembre ????????
Certe cose non vanno nemmeno pensate…..😁
Certo vhe anche la lezioncina scelta non era male. Per fortuna c’è stato l’alleggerimento finale.
Bello!
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No vabbè, la devo smettere di scrivere dal cell…….
Sembro dislessica e per di più, una volta pubblicato, non si può più correggere, sic!!!!!!!
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@Ljac, ma dal 3 ottobre si interroga, eh? 😁
Non ti curare della rilettura, è cosa gradita la spontaneità.
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Tempo e modi spesso simili, io e te. Ho dato questa convenzionale scadenza dei primi di ottobre, per cui da domani bisognerà raccogli quei voti in cui comincio anche a credere poco. Quando in classe sto meglio crescono i miei scetticismi. Chissà che ne pensi. Buon ottobre!
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@Roce, anch’io provo talvolta questo sentimento contraddittorio. Il benessere dello stare in classe e la soddisfazione per quel che si fa vs i voti. Buon lavoro!
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