Ozio ericino

Dice mia madre che ad Erice ho conseguito il diploma in fumeria, nel senso che lì ho preso il vizio delle sigarette; non è proprio andata così, ma sicuramente un po’ vi ha contribuito. In verità quell’anno ne conseguivo due diplomi, quello delle medie inferiori in uno dei migliori istituti di Palermo, che non poco m’ha fatto sudare, e appunto quello in fumeria in una delle perle siciliane: Erice. Come regalo, infatti, mi fu concesso di trascorrere un mese di vacanza a casa degli zii ericini. Casa? Un castello, in realtà. Labirintico, con mille scale, passaggi segreti, stanze comunicanti e cortile con giardino lussureggiante interdetto ai giochi dei ragazzi. La zia Lina vigilava come un gendarme e si materializzava come un fantasma tutte le volte in cui io e la figlia, mia coetanea, decidevamo di trascorrere qualche ora nel giardino per non lasciare tracce di sigarette dentro il castello. Non era facile, però. Dopo essere stati più volte sul punto di essere beccati in flagrante, io e Vanna, la cugina, ci specializzammo nell’arte del fumo o nelle ore notturne in una delle stanze inaccessibili alla zia-madre o negli angoli più isolati di Erice. Ma il giardino era per me luogo preferito di osservazione in ogni caso; anche senza Vanna, ma in compagnia della zia, passavo in rassegna piante, alberi e fiori. Zia Lina mi spiegava gli  innesti, le talee, le occasioni in cui aveva reperito certe piante, che chiamava figlioletti, l’origine storica di certi vasi, l’acquisto di altri, gli esperimenti di piantagione di semi non compatibili con il clima di Erice e i successi ottenuti grazie al titanico sforzo di adattamento dei figlioletti. La zia era una donna con i pantaloni, come si suol dire; sosteneva che anch’io dovessi contribuire con un piccolo impegno all’organizzazione della sua numerosa famiglia, perciò mi aveva assegnato un incarico quotidiano: acquistare il pane. A sera era un’avventura uscire di casa, infatti le stradicciole di Erice, lattee di nebbia, non solo profumavano di muschio, di pane e di legna bruciata, ma diventavano per me, turista in erba, occasione di gioco: perdersi tra i meandri del monte e ritrovare la strada di casa. Furono dei giorni spensierati, più di venti, credo. Imparai a fumare sì, ma anche ad amare il verde, il silenzio e le ricette ericino-drepanesi. Dopo quell’estate, tornai ad Erice in altre occasioni: matrimoni e funerali. Mi dispiacque la morte degli zii, soprattutto perché, pur avendo condotto una vita sana, morirono entrambi per un brutto male.

Ad Erice sono tornato per una gita sabato 13 maggio, anche in compagnia della mia amica Marianeve(alla quale avrei messo un guinzaglio), la cittadina è sempre affascinante, ma quella poesia di molti anni fa non l’ho trovata, o forse non è più nei miei occhi.

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Isole Egadi

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San Cristoforo a guardia della porta di Erice

7 pensieri su “Ozio ericino

  1. Il tuo post è pura poesia, forse perchè anch’io ho dei ricordi importanti legati a quel luogo magico, ricordi sia d’infanzia che di giovinezza. Purtroppo, nelle ultime occasioni in cui ci sono stato, le cose non sono andate benissimo.

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  2. Purtroppo capita spesso che quando torniamo nei luoghi carichi di ricordi della nostra infanzia (e carichi noi di aspettative legate a quel ritorno) non ritroviamo quella poesia, ma dalle tue foto traspare comunque una bellezza del luogo che invita davvero a visitarlo. Non oso neanche immaginare quante e quali avventure e quante trovate avrei potuto escogitare a quella età in una casa labirintica come quella e in quel giardino…

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  3. Ritrovo nel tuo post sensazioni note: ricordi di un passato che abbiamo mitizzato e che perde la sua magia quando torniamo dopo molti anni. Mi ricorda il mio paese di mare, nel quale torno spesso per passare un giorno d’estate in spiaggia e ove tutto è cambiato, e ogni volta provo la stessa sensazione, che non mi abbandona.

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  4. @Flalia, la bellezza di Erice è innegabile, per fortuna. Purtroppo il volto antico è stato umanamente sfigurato dall’industria del turismo. Essere fermato per strada dai camerieri dei ristoranti che ti invitano a consumare il pranzo non è poi così esaltante.

    @Gipsy, ricordo i tuoi post sull’argomento. Piacere di trovarti qui. Come ho detto a Flalia, sono rimasto deluso. Certo anche i miei occhi velati di cinismo di maturità hanno recitato la loro parte.

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