Castelli, prigioni e libertà

Ho scelto di entrare in quel castello, che è il carcere di Volterra, io sento che sono ancora all’inizio e non ho fatto ancora assolutamente nulla, non ho capito ancora nulla, non sono arrivato ancora a nessun risultato, però ogni volta che guadagno un millimetro o un centimetro, mi sembra di scoprire l’intero universo come funziona… avevo bisogno di mura che mi contenessero, il mio problema era quanto sono prigioniero io, quindi mi interessa il carcere come metafora, come idea che abbiamo dentro di noi…Come fa l’uomo a liberarsi? Quali sono le sue prigioni? Dobbiamo passare dall’homo sapiens all’uomo felix, prendere consapevolezza delle libertà che abbiamo come esseri umani. La speranza è quando torni a te stesso e non torni uguale a prima. (Armando Punzo)

Sono alcuni stralci del dialogo tra Domenico Iannaccone e Armando Punzo estrapolati dal programma I Dieci comandamenti, che è andato in onda ieri sera su RaiTRE con il sottotitolo Anime salve, dedicato ai detenuti del carcere di Volterra, dove il regista ha fondato La compagnia della fortezza, sperimentazione fortunatissima del teatro in carcere. Ho scelto di postare questi pensieri, non miei, ma che sento tali, per augurare a chi passi di qui i miei migliori auguri, sicuramente atipici, ma rispondenti al mio disarticolato sentire generale.  Mi pare che le parole dello straordinario Armando Punzo contengano un messaggio in un certo senso estendibile alla generalità di quanti possano leggere queste mie pagine e che ben si attaglia all’atmosfera culturale e alla cornice storica dell’Italia di questi giorni. Certamente dell’Italia che vorremmo e che in qualche nicchia c’è, esiste e resiste. Siamo un po’ tutti stanchi e avviliti per le narrazioni egocentrate, arroganti e penose provenienti dai luoghi istituzionali; ci aspetteremmo rappresentanti del bene pubblico capaci di ammettere umilmente di essere ancora all’inizio, di non avere capito nulla, di non essere approdati ad alcun risultato, al massimo di avere conquistato soltanto qualche millimetro o centimetro. Invece le dobbiamo ascoltare da un regista e direttore artistico, appunto Armando Punzo, che nella pratica teatrale realizza un dettato costituzionale. Inoltre penso che tali parole possano essere di augurio per le nostre vite, spesso inconsapevoli prigioni di cui ci riteniamo vigili guardie. La prigionia della professione, del ruolo, della famiglia, della cultura fine a se stessa, la prigionia dei consumi, del corpo, del tempo… Auguro a tutti, in primis a me stesso, di iniziare ad attraversarle, di renderle quanto più possibile trasparenti, trasformandole in occasioni di libertà. Non trovo per l’incipiente e imminente e apparente passaggio altre parole o auguri.

11 pensieri su “Castelli, prigioni e libertà

  1. Un bellissimo augurio, Mel. Lo sento mio e lo ricambio. Dal punto di vista “istituzionale”, sì siamo avviliti ma il discorso del Presidente della Repubblica stasera è stato a mio parere veramente prezioso e salutare, come spesso lo sono i suoi gesti e i suoi interventi. Qualche nicchia c’è, sì. Auguri a te e a chi passerà di qui 🙂

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  2. Il Presidente ha invitato tutti i Buonisti a uscire dalle catacombe, a proclamarsi fieramente come tali e a riprendere in mano il paese. L’ho trovato un discorso bellissimo e mi ha caricato di entusiasmo. Trovo che Mattarella sia stata una scelta ottima, e che davvero rappresenti l’Italia e la Costituzione. Buon anno a te, Mel, ma anche a Ilaria e a Dolcezze e a tutte le persone di buona volontà, e grazie per le belle parole con cui hai scelto di aprire ❤️

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  3. Auguri, Mel, innanzitutto. Poi, relativamente all’invito a liberarsi dalle proprie catene invisibili, non potrei essere più d’accordo: spesso ci sentiamo schiavi del tran tran e non lo siamo, basta un atto di coraggio interiore e la consapevolezza della propria libertà è lì, dietro l’angolo, dove la libertà è sempre stata.

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  4. Imperativo assoluto di Kant: uomo, sii libero!!!
    Quanto poi sia concretamente realizzabile, questo quanto gli altri imperativi assoluti, è certamente opinabile. Molte sono le catene che ci costringono, che si oppongono alla nostra aspirazione. E poi, essere liberi da… o essere liberi per…? Qualora ci fosse elargita , questa libertà, cosa ne potremmo fare? Niente è così semplice e dietro l’angolo spesso non c’è niente di nuovo.

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    • Ornella e tutti, c’è da sottolineare il contesto nel quale si inserisce il discorso del regista: da una prigione reale si leva un inno alla libertà interiore, che scaturisce dalla pratica teatrale intesa anche come arte della conoscenza di sé e degli altri. Noi, invece, in libertà restiamo prigionieri del mondo, pur avendo mille esperienze di contatto con gli altri.

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