Io no

Tempo di cene scolastiche, e non solo in realtà: in tutti gli ambiti una cena è sempre conclusiva di qualcosa, un segno che celebra la conclusione di un evento. Le pizzerie, buon per loro, traboccano di studenti e insegnanti appartenenti a tutti gli ordini di scuola.

Già la scorsa settimana, e mi riferisco a un lunedì sera, era difficile trovare dei coperti per semplici e improvvisati avventori; quella sera si era deciso in famiglia di optare per una pizza anziché per la cena a casa, stanti gli impegni gravosi della giornata che non avevano consentito di provvedere ad organizzare un minimo di desco serale. E poi, alleata fedele degli impegni, si era aggiunta la stanchezza a renderci tutti delle formette di burro a 250 gradi. A stento si riuscì a trovare un tavolo libero: una tempesta di cavallette umane friniva in ogni angolo della sala e, ammesso che si fosse liberato un tavolo, si sarebbe dovuto subire un vociare, misto a crasse risate, da sarabanda infernale. Ci salvò dal tritacarne il gestore del locale, che ci fece accomodare in una saletta interna, dove con sorpresa trovammo altri poveri audiolesi messi a riparo dal benefattore. Ma la sorpresa più grande fu di trovare accoccolate ad un tavolo vicino al mio cinque cinguettanti genitrici che, abbandonato il consorte a casa, consumarono una pizza in attesa che i figlioletti terminassero i bagordi di fine anno. Il loro pasto fu inframmezzato dalle visite delle maestre che, a turno, rendevano omaggio di salamelecchi alle mammine. Rimasi con l’orecchio teso ad ascoltare le loro chiacchiere, divertito e incuriosito.

L’invasione di studenti e colleghi nei vari posti mangerecci, credo, si prolungherà anche per tutta la settimana in corso. Dal canto mio quest’anno ho detto no a tutti, sia ai maturandi che ai colleghi; ai primi perché non tutti hanno valorizzato il percorso quinquennale(assenze strategiche, impreparazione, delazione ammantata di democrazia…), agli esimiii perché non hanno rispetto per il lavoro collegiale e individuale. Una cena non può cancellare la mia quasi totale disistima.

E qui mi fermo.

14 pensieri su “Io no

  1. Che peccato, avevo capito che fossero una classe di cui eri assai contento, visto che li avevi descritti così: “I maturandi, una classe di ragazzi educatissimi e attenti, mai fuori dalle righe, costruttivi e tenaci”.
    Anche qui molte cene, ma, per fortuna, per ora, tutte molto carine.

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    • La maggior parte sì, qualche cobra tra gli studenti non manca mai, ma ti dirò che i peggiori sono i colleghi. Mi chiedo come si possa pestare sotto i piedi la propria dignità professionale soltanto per dormire sonni tranquilli o per orientamento ideologico precostituito. Siamo educatori, ma ce ne dimentichiamo spesso.
      Intanto la mia prima battaglia è stata vinta.
      Nei prossimi giorni il resto.
      Tu partecipi agli esami?

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      • Che sfortuna, davvero, quando ci sono colleghi così in larga maggioranza. Per fortuna non mi è mai capitato in questa misura. Pensa che – ero nella tua bellissima città lo scorso maggio per un convegno/seminario di formazione internazionale (proprio nei giorni in cui Palermo era calda per la questione della collega del Vittorio Emanuele III) e l’atmosfera mi è sembrata, al corso, così come in strada, così bella e viva… Vedi quanto poco sono veritiere le apparenze.

        Sì, sono di esami. Dovevo essere commissario all’estero, ma alla fine sono stata nominata presidente nel Liceo Figo della piccola città – una platea, come dire, interessante…

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        • Luci e ombre, come in molte altre realtà. Su qualche blog superstite di professori, e non è siciliano, ma toscano, ho letto che dinamiche non proprie corrette durante lo scrutinio sono diffuse ovunque. Come sempre, sono le persone a rendere oneste le dinamiche di per sé trasparenti.
          Intanto buon esame! Magari ci racconterai qualche chicca.

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  2. Io ho partecipato ad una cena ieri e domenica avrò quella della Quinta. La considero un momento bellissimo, di scambio e comunione, con una classe che amo molto e che mi ha dato tanto. Sui colleghi… ovunque c’è il bene e il male e gli scrutini ne rivelano spesso l’animo. Quest’anno ho deciso di non farne una malattia, ma di riderci sopra, come ho scritto.

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  3. Mentre qualche mese fa abbondavano gli inviti a cene da parte dei miei alunni di terza (che in verità ci mettevano anche molte proposte di selfie in compagnia da mettere su instagram), ovviamente tutte coscienziosamente ed opportunamente declinate, con l’approssimarsi della fine dell’anno e delle rendicontazioni finali, tutti i suddetti inviti si sono diradati fino a sparire del tutto. Ma a me hanno fatto un favore. Sono un loro professore e non un amico. Appena si fa l’amico dei moderni adolescenti, sei perduto…

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  4. L. Ce cene con i colleghi certi anni (o con certi elementi tra i piedi) possono essere un tasto assai delicato. Per fortuna si può sempre contare sull’aiuto di Messer Malditesta o Madamigella Indisposizionenonmegliodefinita ^_^ Quelle con i ragazzi normalmente sono più rilassanti, anche perché se il rapporto non è dei migliori la cena non viene fatta e questo è quanto (oppure viene fatta ma senza professori).
    Caso mai, da noi, il problema è scansare i genitori, che non so come mai a St. Mary Mead sono parte integrante a tutti gli effetti della cena di fine triennio – col risultato che i genitori ce li sciroppiamo noi insegnanti, mentre i ragazzi stanno per i fatto loro; d non sempre è il massimop, devo dire, ma di tendenza fa parte dei nostri obblighi sociali…

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