
Dopo più di un mese di Dad, ossia di didattica a distanza, i docenti dell’istruzione di II grado in modo particolare han dovuto affilare e perfezionare le armi e gli strumenti per dare un minimo di dignità alle lezioni e soprattutto alle verifiche destinate alla valutazione. Inizialmente, essendo totalmente inesperto di Dad, anch’io, come molti credo, sono caduto nella trappola di equiparare le lezioni in linea a quelle in presenza in classe e questo è l’errore madornale per eccellenza che ritengo di aver commesso nelle prime due settimane. È inconcepibile che il docente parli come un fiume in piena senza riscontro da parte degli studenti che, tra l’altro, nel corso di quell’ora, possono serenamente fingere di seguire e in verità si dedicano a tutt’altro affare. Già nella quotidiana prassi didattica è mio uso tenere desta l’attenzione dei ragazzi e rinfocolare per quanto sia possibile il loro interesse a seguire e soprattutto a intervenire nella lezione; le mie antenne hanno la capacità di intercettare immediatamente casi di distrazione e di non comprensione di alcuni segmenti e perciò è altrettanto immediato il mio intervento, ma in linea non è del tutto possibile, perciò mi son dovuto sbracciare, calandomi nella visuale di osservazione degli studenti e capovolgendo(è attualmente di moda nel didattichese questo verbo),per quanto possibile, le posizioni di docente e studente. Ciò chiaramente nel rispetto della fisionomia delle classi, perché un conto è una classe terminale, un altro quella di studenti di primo anno. Innanzitutto ho ridotto la lezione frontale a non più di 40-45 minuti, durante i quali presento l’argomento in modalità dinamica, servendomi degli infiniti strumenti che offrono la rete(audio, video, immagini, lavagne, word, etc…)e le mie video e audioteche personali e interpellando qui e là i ragazzi, perché spieghino loro un passaggio di lezione o un aspetto particolare. Ho voluto evitare la monocordia della stessa “voce” nella presentazione dell’argomento sia sul piano acustico che su quello della prospettiva di interpretazione; il più delle volte ho fornito, almeno due giorni prima dell’incontro in linea, pastiglie curricolari propedeutiche al tema o alla questione da affrontare. Spesso la lezione parte proprio da loro, dai dubbi su quanto letto e studiato propedeuticamente e, nel caso di infinito silenzio, sono io a pungolarli perché comincino a parlare a partire da un qualsiasi punto. Se proprio dovessi servirmi di un’immagine, il cerchio sarebbe il più adatto a descrivere le mie lezioni in Dad; soltanto in un secondo momento assumo una posizione di accentramento riconducendo la discussione al focus e tirando le somme del discorso anche con rimandi al libro di testo o ad altre fonti. La risposta degli studenti non è sempre entusiastica ed entusiasmante, ma si procede serenamente e qualche risultato è degno di nota; posso dire che in modalità Dad si riproducono gli stessi comportamenti, atteggiamenti, competenze e risposte della vita scolastica reale, perciò non ho avuto particolari problemi o crisi mistico-esistenziali nell’esprimere una(farsesca)valutazione formativa che agli scrutini si condenserà in un voto numerico, anche perché fino al 4 marzo scorso ho avuto modo di rivoltare come calzini gli studententelli di primo pelo e conosco abbastanza quelli del triennio. A differenza dei più non temo il pericolo di ricorsi e, ammesso che ce ne siano, rientrano nel normale corso dell’esistenza media di un cittadino italiano: se si sbaglia, si paga. Punto. Ma è inaccettabile che per paura, viltà, inconsistenza professionale, quieto vivere…, si rinunci ad una delle funzioni caratterizzanti la professione docente: misurare e valutare. Sicuramente questo è il tasto più dolente della Dad, perciò ho dato più spazio a interrogazioni orali che a verifiche scritte(che comunque ho realizzato), astenendomi dal porre quesiti in modalità wikipedia e privilegiando il percorso ragionativo, l’induzione, la deduzione, la connessione tra i saperi, in poche parole e in didattichese più competenze e meno elementi di erudizione fine a se stessa. Laddove ho proposto qualche scritto, ho faticato un’intera settimana per verificare che in rete non esistessero fonti, a cui abbeverarsi, e per strutturare i quesiti: per esempio di un poeta ho offerto il ritratto fornito da una semi-sconosciuta letterata, semi-invaghita del poeta stesso, e attraverso la testimonianza della donna-amante, ho richiesto la ricostruzione del profilo umano e poetico dell’autore. Per il latino è stato più difficile, perciò ho dovuto tirare in ballo la traduzione dall’italiano, sempre nella netta consapevolezza che gli studenti avrebbero potuto, se non copiare dalla rete, contaminarsi a vicenda nell’esecuzione del compito, ma tra un compito copiato e incollato dal web e uno che nasce dalla collaborazione degli studenti preferirei di gran lunga la seconda opzione.
Insomma questa docenza on line mi pare sia persino piu impegnativa della presenza in aula…
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Non c’è dubbio. Un assedio.
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mettiamola così: alcuni aspetti della DaD mi stanno dando modo di ripensare anche la mia attività in presenza, ma dopodomani, per me, sono due mesi secchi senza scuola, e comincio ad avere delle strane allucinazioni…
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Concordo, devo anch’io rivedere alcune cosette al rientro. Ancora non sono arrivato alle allucinazioni.
PS: Ma tu non scrivi più in versione bloggara? Mi mancano le tue riflessioni, aneddoti, condivisioni didattiche, culturali…
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ho riaperto i battenti da poco: http://noccioleadistanza.blogspot.com
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