Falsari della parola

Nella sfigata mattinata di un tipico lunedì di pioggia battente improvvisa e di traffico automobilistico degno di un Caronte infernale, potenziato da un ponte in rovina su un’arteria stradale vitale per Palermo, ho sperimentato quanto il linguaggio dei politici e di molti informatori, e non solo, sia degno dei migliori falsari di dantesca memoria. 

Nel corso di un’ennesima peregrinazione presso un polo medico di eccellenza, al quale il mio caro papà(invalido e ormai handicappato)si è evidentemente affezionato, ho toccato con mente e parola che il green pass non è quello che dovrebbe rappresentare. Col verde del semaforo passi, col green pass non passi. Di verde non ha nulla, né della luminosità di un semaforo, né di un ameno poggio verde ridente in epoca green; una metafora infelice, privata di ogni rapporto referenziale con l’oggetto, che nei fatti non ti consente di varcare la soglia di un ospedale come accompagnatore di un paziente, handicappato in carrozzina, e per giunta con un bel pannolone da incontinenza. Gli operatori, dopo aver rilevato la temperatura mia e del mio creatore, mi hanno subito richiesto l’attestazione di un tampone per poter varcare l’ingresso e a nulla è valso che esibissi l’attestazione dell’handicap di mio padre, che ha diritto ad essere assistito da un familiare. Risultato? Sono rimasto fuori dalla struttura, mentre un’operatrice si è presa cura di guidare la carrozzina di mio padre per i meandri dell’ospedale. Ho atteso in fibrillazione per circa 30 minuti, timoroso che mio padre potesse aver bisogno anche solo di un bicchiere d’acqua o di andare al cesso; i miei timori si sono rivelati in parte infondati: papà se l’è tenuta addosso l’urina e l’operatrice ha lasciato da solo mio padre, che stoicamente ha trattenuto la piscia nella vescica. Sia chiaro! Non contesto per nulla la scelta del dirigente sanitario, ma almeno avvertire il paziente nel corso del triage telefonico, avvenuto qualche giorno prima dell’esame diagnostico, della necessità del tampone per l’accompagnatore(non per il paziente(mah!), peraltro eseguibile in un capannone montato ad hoc nei pressi dell’ingresso. Potreste obiettare che, stando così le cose, avrei potuto “tamponarmi”, ma sarebbe trascorsa almeno un’ora, considerata la fila dei tamponandi. Ho preferito, invece, rendere veloce l’esame diagnostico per “liberare” mio padre sofferente.

Attenzione! Sia chiaro che io non contesto il green pass, né tanto meno la vaccinazione(sono pronto a farmi inoculare 20 vaccini),ma la designazione di un oggetto con un nome falso, infatti si tratta esclusivamente di un’attestazione di vaccinazione, spacciata per pass da mere ragioni economiche; ciò vuol dire che, se voglio strafogarmi di cibo al ristorante in piacevole compagnia per svago e gola, il pass mi fa passare, se invece accompagno un handicappato all’ospedale il pass è meno utile della carta per il deretano(così mi ha risposto l’operatore). Manca la chiarezza e l’onestà di dire come stanno le cose: il green pass è un’attestazione di vaccinazione, che ci rende ugualmente contagiabili e contagiosi, nel caso il virus trovi una crepa nel sistema immunitario. Virologi e ospedalieri lo hanno chiarito ampiamente, ma non i politici che ci rappresentano(?). Però secondo la vulgata politica il pass funziona meglio sui treni velocissimi e al ristorante. Vergognoso! Indecente! Inaccettabile! E funziona anche a scuola. Ma per il personale tutto, non per i gigliucci da coltivare. Questi sono mondi, immagini iperuraniche della salute, non contagiabili dal virus e soprattutto non contagiosi come noi, immondi vermi dell’insegnamento, novelli untori del terziario.

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8 pensieri su “Falsari della parola

  1. Le parole sono importanti. Purtroppo come nel caso del geenpass il significato della parola in realtà non ti permette quello che ti promette. E’ diventato un lascia passare solo economico. La tua esperienza è veramente inaccettabile. La scelta comunicativa con cui è stato introdotto é falsa e pura ipocrisia del governo.

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  2. sei proprio arrabbiato eh.. Mel! Hai ragione, è stata un’esperienza bruttissima che non dimenticherai facilmente. Purtroppo è tempo di caos.. troppi problemi.. troppe regole… troppo di tutto e non se ne può più. Io non avrei mai creduto che questa storia durasse così a lungo…

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  3. Post straziante, tant’è vero che l’avevo rimosso pensando “commenterò domani” e che mi ha ricordato tante e tante cose dei bei tempi in cui all’ospedale ci stavo come presenza fissa.
    A volte manca il buon senso, a volte manca (paradossalmente) la comprensione del fatto che, protocolli o meno, si stanno trattando degli esseri umani. Non tutti gli ospedali sono uguali, non tutti i reparti sono uguali, e per tutta una serie di motivi il Covid ha portato un’ondata di isteria in tutti gli ospedali – ed è uno dei lati più oscuri della pandemia.
    Solidarietà a te e all’eroico genitore!

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  4. Una traccia ritrovata nel web mi ha portato qui, qui dove un tempo passavo tutti i giorni , o quasi. Volevo “solo” lasciarti un saluto (che ti lascio comunque), ma leggendo il post mi sono trovata ad annuire, sì, perché ho vissuto una vicenda molto simile. Un abbraccio, Mel.

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