C’è sempre una prima volta, infatti sono assente dal blog da quasi tre mesi, sebbene da tempo sempre più frequentemente lo abbia marinato. La vita e la scuola mi hanno fagocitato senza pietà, annullando di fatto il piacere di condividere le mie bazzecole in rete. Di fatto tanti altri miei svaghi sono ad impolverare nella soffitta di un tempo indefinito. Tante volte ho provato a scattare qualche foto con l’intenzione di pubblicarla qui, ma poi l’entusiasmo iniziale si è infiacchito con la stessa potenza del primo impulso provato. E potrei enumerare tanti altri fatti dello stesso tipo. La presa d’atto sconfortante è che ho rimosso di aggiornare il blog e non ho provato un barlume di senso di colpa a differenza di quanto avvenuto in passato. Oggi pomeriggio, mentre ero intento ad aggiornare il mio mac, che non uso da mesi, una delle pagine rimaste aperte sulla homepage mi ha ricordato che esiste il mio blog e, dopo aver indugiato alquanto, ho deciso di scrivere questo post. Perché potessi aggiornarlo, però, mi sono state richieste le credenziali e in pochi secondi mi sono loggato a wp. Inizialmente wp ha fatto un po’ le bizze, chiedendomi se volessi acquistare un dominio, perciò non ho avuto immediato accesso alla schermata dei comandi. Poi è tornato tutto come prima ed eccomi qui a blaterare qualche parola. Caro wp, ti dico che non ho alcuna intenzione di acquistare alcun dominio, sappi che il mio scrivere artigianale è rimasto tale e quale a come lo fu agli inizi. Potessi dominare me stesso! 😀
Archivio dell'autore: melchisedec
Fiato di bocca
Bocche piene di falsità che nutre il mondo
Mani prive di dignità, votate a Dio
Sali, uomo, sali e dimentica
Sali e ritorna alla tua nascita
Occhi dell’ambiguità dei nostri tempi
Vite frammentate senza verità
Sali, donna, sali e resuscita
Sali e ritorna alla tua nascita
Libera l’anima
Come rondini la sera
Vola libera
Nitida come il canto dell’anima
Come stella dell’aurora
Di un mattino che non c’è
E che non ha nome
Arca dell’umanità andata a fondo
Cuori puri mangiati dall’avidità
Sali e poi un’altra vita tu
Vivrai, vivrai, vivrai
Vivrai, vivrai, vivrai
Vivrai, vivrai, vivrai
Libera l’anima
Come stella dell’aurora
Di un mattino che non c’è
Sali, sali
Rosa, sali
Come stella dell’aurora
Di un mattino che non c’è
E che non ha nome, oh
Che non ha nome
Oh, oh, oh, oh, oh, oh, oh
Nitida l’anima
Come stella dell’aurora
Di un mattino che non c’è
E che non ha nome
Acquietatasi la bufera della settimana sanremese, a margine della kermesse annoto tristemente che, almeno in Italia, c’è una cattiveria social, mista a odio, che mi fa paura oltre che ribrezzo. Ho infatti seguito spezzoni delle varie serate sia in tv che tramite Facebook; in un certo senso il social mi è servito per ammortizzare i tempi musicalmente morti o impropri del festival: i monologhi delle vallette, Benigni, le gag preconfezionate, gli ospiti, le volgarità e la maleducazione di certi personaggi…e si potrebbe continuare. Bersaglio di odio e cattiveria nei social è stata la mia cantante preferita, ossia Anna Oxa, da tempo invisa ai giornalisti e alla dirigenza della televisione pubblica. A questo in un certo qual modo mi ero abituato; da almeno vent’anni i giornalisti hanno il dente avvelenato contro la cantante dopo la vittoria del ‘99 che a detta di alcuni di essi sarebbe stata immeritata e dopo l’incidente di percorso come ballerina dalla Carlucci, che ha avuto uno strascico legale tale da determinare una sorta di damnatio memoriae della Oxa dagli schermi pubblici. Se a ciò si aggiunge l’evoluzione artistica della cantante dagli anni ‘00, il quadro risulta ancora più chiaro. Durante questo ventennio i media hanno affrescato attorno alla Oxa uno sfondo leggendario fatto di intrattabilità caratteriale, alterigia, presunzione, divismo, che hanno prodotto a livello periferico la cattiveria cui facevo riferimento. Ho letto commenti e visionato meme e video, che sinceramente devo dire mi hanno infastidito. Qualcuno l’ha paragonata a una monaca per via del vestito della prima serata, un altro alla moglie di Tarzan, sia per la capigliatura che per gli acuti finali del pezzo; qualche altro ha lamentato di non avere capito nulla né della canzone, né delle singole parole. Una nota giornalista ha paragonato la canzone a quella di un druido celtico; e questi sono stati per così dire i più benevoli. Il vituperio peggiore, invece, l’ho registrato nei commenti della gente comune, che per decenza ometto qui nel post. Pochi hanno evidenziato con onestà la scelta della Oxa e con motivazioni fondate il significato del testo, che non necessariamente deve piacere a tutti. Però c’è modo e modo di esprimere il proprio parere. Non gradire è un conto, offendere e dileggiare un altro. Hanno lavato, invece, questo fango tanti comuni estimatori che, prima di aprire bocca, hanno attivato il cervello e il cuore.
L’eterno movimento scolastico
Una settimana scolastica sventurata e leggera. Come ormai è consuetudine da qualche anno, la settimana dedicata allo scrutinio quadrimestrale coincide nella mia scuola con quella dello studente, durante la quale ipoteticamente, molto ipoteticamente, sono i ragazzi ad organizzare le attività diciamo didattiche; di fatto la regia è mista, perché lo staff del preside insieme ai rappresentanti d’istituto degli alunni e a qualche volontario(docente) predispone un calendario di attività ed eventi culturali, ai quali le classi o gruppi di alunni di classi eterogenee scelgono di aderire. Quindi ogni tardo pomeriggio fissiamo gli occhi al cellulare in attesa della circolare operativa, che fissa nei minimi dettagli il chi, il con chi, il come, il dove e il quando. Il docente prescelto per le attività varie può anche opporre il proprio no, ma se sceglie la non partecipazione deve starsene a funghire in sala docenti per eventuali supplenze. Perciò in generale quasi tutti ci prestiamo al gioco. A me è andata bene, perché ho partecipato a due incontri formativi di esperti universitari, uno sui cambiamenti climatici e un altro sulla politeia. Domani sarà l’ultimo giorno e si tira già un respiro di sollievo, ma con tutta sincerità devo ammettere che, nonostante le sventurate transumanze da un edificio a un altro, mi sono anche riposato e ho appreso cosette nuove; per una volta sono stato io in posizione ricettiva. I ragazzi sono stati esemplari sia nell’organizzazione che nella scelta dei temi; certo non sono mancati laboratori sui generis, modellati sul defilippismo, ma bastava dire no per liberarsi dal peso del disinteresse. L’unica pecca per noi docenti…dover vigilare anche su alunni non appartenenti alle proprie classi, ma tutto è filato liscio. Le remore iniziali hanno ceduto via via il passo alla piacevolezza del movimento che si è creato a scuola: flussi migratori di alunni, suoni di strumenti musicali, tifo sportivo dalle palestre, voci e volti autorevoli.
Una scuola in movimento in alternativa all’immobilismo boomeriano di noi docenti.
Vólti
La cronaca di questi giorni ha messo alla ribalta Palermo nel suo volto generoso e avido, solidale ed egoistico, santo e dannato: da una parte l’incarnazione operosa dell’evangelo di Cristo, Biagio Conte, dall’altra il suo azzeramento nella figura del figuro Messina Denaro.
Nell’immediato dei fatti, la morte di Biagio e l’arresto di Messina Denaro, sono scattate insieme apoteosi e vituperazione da parte di uno stuolo di informatori di professione e di opinionisti della strada che, spolverando improvvisamente dall’oblio le due figure, hanno mitizzato l’uno e l’altro sebbene in direzioni divergenti.
Questo nella vicenda storica degli uomini è sempre avvenuto, ma ho trovato comunque ripugnante la descrizione romantica dei covi del ricercato, l’insistenza su particolari degni di vecchie pettegole(il viagra, l’orologio di lusso, i capi alla moda, la malattia…), mentre sono rimasti appena abbozzati nel racconto gli esecrabili delitti e stragi commessi dal figuro in questione; non parliamo poi dei detrattori dello Stato e delle forze dell’ordine, sul cui operato si è ironizzato da più parti alludendo all’arresto come ad una sorta di pantomima.
Non meno irritante è stata la rappresentazione della vicenda di Biagio Conte e delle reazioni della gente comune, che ha già decretato la nascita al cielo del poverello palermitano. Da qualche anno fra i cristiani è invalso purtroppo l’uso dell’espressione nascere al cielo in sostituzione del verbo morire. Non si muore più, si nasce due volte, quando si viene alla luce e quando si muore. La rimozione della dimensione della morte accomuna ormai tutti, laici e credenti cristiani, materialisti e spiritualisti. Il livellamento delle differenze ha abbassato pure gli orizzonti della metafisica e squarciato il velo del mistero della morte.
Al politicamente corretto abituiamoci ad accostare il religiosamente corretto! Si nasce due volte e a decretare la nascita al cielo siamo chiamati noi, novelli dei del XXI secolo.
Piroette del tempo

E come da tradizione ho bruciato l’incenso come forma augurale per il nuovo anno. Ho scelto rosa, ambra e un miscuglio nero non ben definito, che si è diffuso in poco tempo in tutte le stanze. Poeticissimo il piroettare del fumo, che fugge spedito dal turibolo, che nelle chiese dondola sostenuto da una o più catenelle.
L’inconsistenza fermata da uno scatto.
Auguri a tutti!