Gli ex-compagni di scuola mi hanno preso la mano…
Nino era il più grande in età di tutti noi imberbi del primo anno di liceo. Ed era il “terrore” di tutti. Riverito e rispettato. A renderci trepidi contribuivano lo sguardo truce e l’andatura claudicante per via di una malformazione nata insieme a lui. A primo impatto sarebbe apparso come un bullo, ma nel corso dei giorni Nino si rivelò come una sorta di Robin Hood, difensore dei deboli e delle ragazze; senza che fosse stato designato, Nino si era imposto e posto come il capo della classe, l’autorità a cui rivolgersi nel caso qualcosa tra noi studenti non fosse andata per il verso giusto. Studiare era per lui un verbo sconosciuto; ripetente, fu ri-bocciato, a ben ragione. Non facemmo amicizia in aula, ma nei bagni della scuola durante la pausa-sigaretta che lui si concedeva quasi ad ogni cambio d’ora e io in quelle di religione(il prof era assai avanti negli anni e non si rendeva conto di chi sgattaiolava fuori dalla classe senza chiedere permesso)e di educazione fisica.
La sua vena giustiziera venne fuori quando venne insidiata al telefono la compagna di cui Nino era innamorato, Elsa, la cantante della classe. Lei neanche di striscio. Quasi ogni pomeriggio infatti Elsa riceveva al fisso delle chiamate, durante le quali il mittente o stava muto o sospirava appassionatamente o, modificando la voce, le dichiarava il suo amore. Ma lo spasimante ad un certo punto chiudeva la chiamata senza palesarsi. Sulla base delle sensazioni di Elsa e delle supposizioni delle compagne a lei vicine, un covo di pettegole, venne individuato il presunto colpevole, un certo Carletto, mio compagno di banco, una emerita mini-mummia, con il quale credo di avere scambiato nel corso dell’anno non più di venti parole e quattro gomitate per mantenere integro il mio spazio vitale di banco. Tutti i sospetti si aggrumarono intorno a Carletto e perciò un giorno, a ricreazione, il poveretto fu schiaffeggiato da Nino nel cortile della scuola, senza aver potuto pronunciare una parola in propria difesa o conoscere il motivo dell’aggressione. Lo seppe soltanto dopo e a nulla valse la discolpa davanti all’insidiata e a Nino stesso.
Come era prevedibile, Elsa continuò a ricevere telefonate d’amore e passione quasi ogni pomeriggio, fin a quando, mentendo, dichiarò a tutti di aver fatto mettere sotto controllo della questura la propria utenza telefonica. Malgrado il servizio d’amore Nino non riuscì a concupire la sdegnosa e altera Elsa.
A settembre Nino e Carletto non furono più miei compagni e migrarono verso altri lidi scolastici. Della mummia non ho saputo più nulla, di Nino mi ha dato notizie, invece, Polifemo, un altro compagno che ho rivisto la scorsa estate. Mi piacerebbe rivedere Nino, che è felicemente ammogliato e padre di figli, soprattutto per ricordargli degli schiaffi con botto sulla faccia di Carletto sotto gli occhi stupiti di noi tutti.