La “maledizione”

Credo che non si sia mai verificato che abbia disertato il blog per così tanto tempo. La mia presenza, già fluttuante da qualche mese per difetto della volontà o presunta(mia)mancanza di motivazione a scrivere, è diventata diserzione vera è propria quando è piombata sulla mia famiglia la maledizione del cancro, che ha colpito mio padre. Adesso il pater sta meglio dopo l’intervento chirurgico, che ha portato con sé una serie di complicanze da cui pian piano si sta liberando. Io credevo stoltamente che lui fosse sfuggito alla maledizione genetica familiare, che gli ha mietuto ben 6 tra fratelli e sorelle; invece il tumore cresceva silenzioso e indisturbato senza dare segno alcuno di vita, se non negli ultimi mesi, quando è comparsa un’anemia galoppante. Apparentemente ne stiamo venendo fuori, ma so che la lotta continuerà. Personalmente mi sento svuotato e la mia vita ha preso una piega inaspettata; i giorni peggiori sono stati quelli in ospedale, in realtà un centro oncologico con gestione privata e servizio pubblico, un lager travestito da hotel. Anche il mio lavoro ne ha risentito negativamente per la mia assenza, ma ho continuato pur con mille ansie nella testa a fare il mio dovere, quando mi era possibile stare a scuola. Anzi, ancora una volta, il lavoro scolastico mi ha permesso di obliare per qualche ora la realtà, ma è mutata la prospettiva. Il piccolo è diventato grande e viceversa. Ho tralasciato le varie piccinerie di cui noi insegnanti siamo capaci, mirando all’essenziale e in tante occasioni ho invidiato i miei colleghi queruli. Avrei preferito mille ricevimenti e consigli pomeridiani anziché stazionare nelle asettiche stanze di un ospedale che, pur sembrando un hotel a 4 stelle, rimane pur sempre un ospedale.

Singletudine

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Questo pomeriggio mi ha fatto ridere e sorridere il titolo di un quotidiano che, riportando le statistiche dell’Annuario Istat 2017, così titola: Istat, Italia di single con una lunga vita davanti: siamo tra i paesi più vecchi del mondo. Un titolo assai impreciso, a mio parere, che vorrebbe sintetizzare, ma nei fatti mescola, due dati statistici non del tutto sorprendenti, l’aumento delle famiglie composte da una sola persona(dal 20,5% al 31,6%), del cui insieme faccio gloriosamente parte, e della speranza di vita(da 80,1 anni a 80,6 anni per i maschi e da 84,6 a 85,1 per le femmine). Nulla da dire sul valore delle cifre, ma assai equivoco il titolo. Sì, siamo un paese anziano, e su questo non ci piove. Ci piove che aumentino le famiglie composte da una sola persona, sebbene non si possa parlare di famiglia, quando si è single(schettu/a o signurinu/a in siciliano). Vero è che, se non fossimo Italici, potremmo convolare a nozze con i nostri animali domestici, che ne so con un gatto, un cane, un pitone. Ma che i single abbiano una lunga vita davanti mi pare improbabile assai; il pezzo, in realtà, vorrebbe mettere in evidenza le due tendenze demografiche in atto: l’aumento della speranza di vita, che prescinde dalla singletudine, e delle monofamiglie. A me pare che sia venuto fuori un bel pasticcio giornalistico, che per bontà natalizia mi astengo dal definire tendenzioso.

Alba arancia

38313342844_ea27943e3fUno dei piatti più prelibati della gastronomia siciliana è costituito dagli arancini. Tutti sappiamo che si tratta di supplì di riso in forma di arancia, contenenti all’interno sugo e o altra carne tritata, non tutti i siciliani però sanno che si dice, per l’appunto, arancini e non “arancine”. In tutta l’isola, infatti, il nome del piatto è un sostantivo femminile; si tratta di un ipercorrettismo che trova giustificazione nel frutto da cui prende il nome e che resiste nella tradizione linguistica locale a dispetto di un libro di Camilleri intitolato Gli Arancini di Montalbano.

Dunque arancini e non “arancine”. Però la Crusca propone una soluzione grammaticalmente diplomatica e perciò condivisibile. 

Flore terrae solutae

Le gote delle mie montagne sono come quelle di un cinquantenne dove campeggiano chiome settecentesche di canizie primaverile tra prati ricoperti di verde. Le mimose si tuffano lussureggianti finanche sui cigli delle strade di campagna, gareggiando con il giallo elettrico delle acetoselle. Spira già un’aria, che svela i segreti della terra. 

A scuppuluni

dion3Le giornate più costruttive a scuola sono quelle in cui entri in aula per spiegare storia romana e ti ritrovi entusiasticamente a ripiegare sul teatro greco nell’imminenza di uno spettacolo teatrale. Alla faccia dei cultori del pedagogismo pedante!

Che non si dica che gli studenti assistano a uno spettacolo teatrale dal sapore civile contemporaneo senza possedere un minimo di conoscenze sulle origini del teatro; che poi a Siracusa qualche assaggio l’hanno fatto.

Le lezioni migliori, come sempre, sono quelle non previste e non programmate.

A scuppuluni, come si dice dalle mie parti.