

La morte di Luca Serianni, avvenuta tragicamente, e quella di Pietro Citati arricchiscono di desolazione il panorama culturale italiano; ho conosciuto entrambi attraverso la lettura di alcune loro opere, di natura linguistica quelle di Serianni, di critica letteraria quelle di Citati; credo pure di avere assegnato agli allievi di qualche anno fa un’analisi testuale tratta da un’opera di Citati o vi ha provveduto il Miur. Sono ricordi fumosi, pertanto non ne sono certo. In uno splendido articolo Andrea Riccardi associa la statura di Serianni a quella di Francesco d’Assisi: generoso nel dispensare le sue perle di conoscenza e semplice nello spezzare la parola della cultura linguistica. Da alcune testimonianze ho appreso che Serianni usava un metodo costruttivo nel modo di correggere gli elaborati di italiano, infatti usava il rosso per segnare gli errori e il verde per esprimere apprezzamento per alcune oasi di stile o espressioni limpide offerte dagli studenti. Non sarebbe male coltivare in classe questa pratica in aggiunta alle solite procedure di correzione. Di Citati ricordo, invece, in particolare il saggio su Leopardi, una narrazione romanzata ma storicamente attendibile. Citati e Serianni, due volti differenti della cultura italiana, come le espressioni del loro sentire, ma entrambi da considerare maestri piacevoli di studio nella semplicità e nel rigore, valori sempre più offuscati dal narcisismo culturale della nostra epoca storica.