La cronaca di questi giorni ha messo alla ribalta Palermo nel suo volto generoso e avido, solidale ed egoistico, santo e dannato: da una parte l’incarnazione operosa dell’evangelo di Cristo, Biagio Conte, dall’altra il suo azzeramento nella figura del figuro Messina Denaro.
Nell’immediato dei fatti, la morte di Biagio e l’arresto di Messina Denaro, sono scattate insieme apoteosi e vituperazione da parte di uno stuolo di informatori di professione e di opinionisti della strada che, spolverando improvvisamente dall’oblio le due figure, hanno mitizzato l’uno e l’altro sebbene in direzioni divergenti.
Questo nella vicenda storica degli uomini è sempre avvenuto, ma ho trovato comunque ripugnante la descrizione romantica dei covi del ricercato, l’insistenza su particolari degni di vecchie pettegole(il viagra, l’orologio di lusso, i capi alla moda, la malattia…), mentre sono rimasti appena abbozzati nel racconto gli esecrabili delitti e stragi commessi dal figuro in questione; non parliamo poi dei detrattori dello Stato e delle forze dell’ordine, sul cui operato si è ironizzato da più parti alludendo all’arresto come ad una sorta di pantomima.
Non meno irritante è stata la rappresentazione della vicenda di Biagio Conte e delle reazioni della gente comune, che ha già decretato la nascita al cielo del poverello palermitano. Da qualche anno fra i cristiani è invalso purtroppo l’uso dell’espressione nascere al cielo in sostituzione del verbo morire. Non si muore più, si nasce due volte, quando si viene alla luce e quando si muore. La rimozione della dimensione della morte accomuna ormai tutti, laici e credenti cristiani, materialisti e spiritualisti. Il livellamento delle differenze ha abbassato pure gli orizzonti della metafisica e squarciato il velo del mistero della morte.
Al politicamente corretto abituiamoci ad accostare il religiosamente corretto! Si nasce due volte e a decretare la nascita al cielo siamo chiamati noi, novelli dei del XXI secolo.