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Solitamente sono abituato a tradurre testi classici, mai e poi mai avrei immaginato di dover e poter tradurre un trattatello della fine del ‘700 niente meno che sul battesimo. L’incarico oneroso mi si è abbattuto improvviso dopo essere stato contattato da un mio ex alunno diplomatosi molti anni fa. L’alunno-teologo aveva perso ogni mio contatto, ma è riuscito ugualmente nell’impresa di recuperare il mio numero telefonico, ormai storico. Ho accettato fondamentalmente per due motivi, ossia mettermi alla prova con un testo inedito, lontano dal latino classico, e corrispondere sentimentalmente alla fiducia riposta in me dal ragazzo, a dire il vero ormai uomo. Che fatica! Dopo l’iniziale fiammata entusiastica ho imprecato più volte davanti al testo, ho impiegato giorni per decifrare il senso di certi passi e sciogliere le abbreviazioni, poi, non so come, la traduzione ha preso corpo e senso. La conclusione è ormai prossima, mi restano le ultime tre pagine, nelle quali l’autore tira le conclusioni per i suoi allievi seminaristi. Prima di consegnarla, dovrò rivederne alcune parti e semplificarne la sintassi, ma il grosso è fatto. Resta un unico dilemma. Non ho intenzione di farmi pagare e più di una volta mi sono trovato in imbarazzo di fronte alle richieste del mio ex alunno del conto da pagare. Non sarei in grado di quantificare in danaro il lavoro svolto, tra l’altro. So di sbagliare, perché un lavoro deve essere pagato, ma resta in me quell’antico pudore del rapporto alunno-professore fatto di gratuità. Al massimo potrei chiedergli di contribuire a colmare una delle tante lacune della mia libreria. So che è ancora in commercio qualche buona edizione di alcuni libri di Plinio il Vecchio, per esempio. Ma anche per questa richiesta dovrò farmi forza per superare quello stupido, antico e inspiegabile pudore.
Vedrai che sarà lui a presentarsi con un dono
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