Sul gaysmo presbiteriale intra moenia

Ieri sera, il mio dopo cena ha preso una piega inaspettata. Ad un certo punto della serata, mentre si discuteva della frase sugli omosessusali pronunciata da papa Francesco, incitato anche dalle posizioni divergenti dei commensali, uno dei presenti ha tracciato il profilo deontologico del presbitero omosessuale. Chiaramente ha parlato della sua esperienza, tant’è che ha esordito affermando iperbolicamente di “essersi fatto” quasi tutti i preti della diocesi di*; finanche il vescovo, a sua detta, informato dai suoi sottoposti, gli è zompato addosso.

Sul presbitero omosessuale e sul rapporto sessuale consenziente consumato intra moenia

Il presbitero omosessuale solitamente è dotato di uno spiccatissimo sesto senso nell’intercettare altri omo intorno a sé; il luogo deputato, in primis, è il confessionale, ma anche le riunioni di gruppo in canonica e i pellegrinaggi. Se è furbo, sceglie con attenzione il soggetto da concupire, quindi, prima di farsi avanti, saggia il terreno con messaggi che perdono di ambiguità gradualmente, fino a quando è sicuro di potere agire in sicurezza e riservatezza.

Il presbitero omosessuale, nella maggior parte dei casi, aspira a un rapporto sessuale selvaggio, ai limiti dell’animalesco; contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, il prete gay non cerca una relazione sentimentale con l’altro, convinto in modo assoluto che l’unica relazione d’amore è quella che intrattiene con Dio, orizzontalmente nell’abbraccio con i fratelli/fedeli, verticalmente nel dialogo speciale con l’Assoluto.

Il presbitero omosessuale fa “lobby” con quelli della sua cerchia, nel senso che è disposto a prestare loro il soggetto/oggetto delle prestazioni sessuali, quasi in una sorta di scambio di complicità, di piccoli favori e convenienze diocesane.

Una delle leggi ferree è che il prete, una volta consumato il rapporto sessuale con un tale, non potrà più ammettere questi al confessionale, insomma si rifiuterà categoricamente di confessarlo.

Il presbitero omosessuale, se non vuole più reiterare il rapporto sessuale con chi comunque gli è piaciuto, sottopone quest’ultimo a una sorta di ricatto morale, legandolo in qualche modo al silenzio e alla riservatezza. Di solito gli fa un dono: un libro, un rosario, un oggetto, che in ogni caso saldi un rapporto di complicità e di “amicizia”.

😯

11 pensieri su “Sul gaysmo presbiteriale intra moenia

  1. È affidabile, la tua fonte? Perché a me ciò che colpisce di questa descrizione è soprattutto l’accento pretestuoso sulla omosessualità del rapporto, che mi sembra davvero elemento irrilevante rispetto alle caratteristiche del rapporto evocate (potere, segretezza, ricatto, ipocrisia, etc), tutti elementi che fanno allibire in assoluto riferiti al codice della (pseudo) morale cattolica, non perché il rapporto sia etero o gay.

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  2. Corrisponde più o men a quel che sapevo (salvo che dopo uno non potesse più confessare l’altro, che a ben pensarci ha un senso). Sono però sorpresa dalla totale mancanza di coinvolgimento sentimentale: perché un tempo anche all’esterno dei seminari la maggior parte dei rapporti tra maschi appariva piuttosto… ehm… prosaica e senza gran sentimento, ma oggi le relazioni sentimentali tra uomini abbondano e qualcosa dovrebbe pur essere filtrato anche dietro la grata del confessionale, dal momento che questi presbiteri vengono dal mondo esterno e in parte tuttora vivono nel mondo esterno di cui sopra. Quanti anni ha il tuo esperto?

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  3. “L’esperto” ha 40 anni, non l’ho mai visto, né posso affermare che sia affidabile come fonte. Di là dal suo essere eccentrico e autocentrato, mi pare però che un fondo di verità possa esserci nel suo bizzarro racconto. L’insistenza sull’omosessualità è frutto della struttura che ho dato al post, quasi a volere rimarcare il racconto ascoltato da un personaggio sui generis, per giunta coniugato.
    Mi sarei aspettato che i presbiteri, di solito depositari di spiritualità, aspirassero a relazioni sentimentali più che a rapporti esclusivamente di sesso. Ma questo è un mio limite culturale, probabilmente.

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  4. Il problema non sta forse nell’obbligo al celibato del clero cattolico? La sessualità forzatamente ed istituzionalmente repressa genera questi comportamenti con tutto ciò che ne consegue. Tutto ciò mi fa schifo.

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    • Non è “normale” amministrazione dell’essere umano”, Mel. Quelli sono preti. Hanno fatto il voto di castità. Predicano i Comandamenti (“non commettere atti impuri”).
      Quello che tu noti, rende solo la cosa ancor più inquietante.
      ,Ma già lo è, inquietante.

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      • Se partiamo, come sarebbe giusto, dagli atti impuri, è già tutto fuori discussione, Gipsy. Da persone che predicano il culto dello spirito e del corpo come sede dello Spirito, mi aspetterei un amore diciamo platonico.

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  5. Per come la vedo io, non c’entra essere cattolici, è un problema di manicheismo. O catarismo, chissà.
    “Lo spirito è da un’altra parte, col sesso non c’entra nulla, noi amiamo lo spirito, il sesso è una brutale necessità che NON DEVE avere connotati spirituali, e guai se li avesse.”
    D’accordo, non è un gran modo per viversi l’amore. Ma l’amore è un sentimento che molti sentono come pericoloso, forse proprio perché tende a riunire il corpo e l’anima, che una parte della nostra cultura ha paura di tenere insieme.
    Hai mai notato che nel girone dei lussuriosi, all’inferno, più che i lussuriosi ci sono gli innamorati? Perché sono quelli che NON SI SONO MAI PENTITI. Dell’amore illecito, d’accordo. Ma se parti dall’idea che c’è un amore lecito e uno illecito, il resto viene da sé, credo.

    Comunque è un discorso difficile e io mi ci sono incastrata dentro, era solo per dirti che i racconti del presbitero non sono poi così sorprendenti, secondo me.

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